Aveva riunito la chiesa cattolica e quella ortodossa, sostenendo con grande valore l'estrema difesa di Costantinopoli con latini e greci, genovesi e veneziani oltre che volontari dal resto dell'Europa: Giovanni Longo Giustiniani, generale genovese, podestà di Caffa e comandante delle forze bizantine, al servizio di Costantino XI Paleologo, si batté fino all'ultimo per salvare la città e il suo impero dai Turchi di Maometto II: il 29 maggio 1453 Costantinopoli cadde, dopo un addio di tre mesi, e il Giustiniani, ferito negli scontri, venne trasportato a Chio, dove si spense il 1 giugno, suscitando ammirazione ovunque per il coraggio e le doti militari dimostrate: lo stesso Maometto II volle onorarlo, facendone celebrare solenni esequie nella città conquistata.
Gli echi della caduta di Costantinopoli colsero la Cristianità divisa da conflitti e grande fu l'angoscia che si diffuse. La triste sorte di Costantinopoli fu pianta ovunque, suscitando apprensione per il destino d'Europa.
Ad Oneglia e a Porto Maurizio, autonome, se pur legate dal comune potere genovese, si levarono preghiere e si tennero consigli da parte dei locali comandanti, temendo l'avvicinarsi degli Ottomani e l'intensificarsi delle incursioni barbaresche. Giustiniani era apprezzato in tutti i domini della Superba, dal Mediterraneo al Mar Nero, dall'Atlantico alla Terra Santa e all'Oriente, e la sua fama era pari alle sue straordinarie virtù umane e di ingegno.
A Porto Maurizio le milizie corse e i battaglioni di arcieri, ivi schierati, alzarono il livello di attenzione e così fu negli altri centri del Ponente e della Francia meridionale sotto influenza genovese, in primo luogo Monaco. Al largo di Oneglia la flotta Genovese non mancò di intensificare la vigilanza. Notizie, in particolare, degli ultimi giorni di Costantinopoli e della strenua difesa ligure furono portate da coloro che riuscirono a tornare, muovendo fortunosamente dall'isola di Chio: fra essi anche portorini e, in numero minore, onegliesi che solitamente erano in servizio nella marina genovese e avevano seguito Giustiniani prima a Caffa e poi in terra bizantina.
Alcuni altri, inoltre, avevano prestato la loro opera con la famiglia genovese degli Spinola, attiva alla corte di Bisanzio, e rifugiatisi successivamente sia a Caffa che in altre colonie genovesi di Crimea.