Uno studioso e appassionato storico imperiese, Alfonso Sista, ha scritto al sindaco, Giovanni Barbagallo, per invitarlo alla mobilitazione affinché la città si appropri della anfore romane abbandonate sui fondali del porto di Imperia.
"Davanti al capoluogo rivierasco esistono, sui fondali marini, ben tre giacimenti di anfore ben identificati: uno, al centro, proprio dinanzi all'approdo, lì dove sono state recuperate alcune anfore del II Secolo a.C; uno a ponente, all'altezza del Prino, con anfore di inizio I secolo, e un terzo verso Capo Berta, uno del rari esempi di età imperiale". Questa la segnalazione, tratta da un articolo pubblicato dal professore archeologo Nino Lamboglia sul numero 3 della Rivista Ingauna ed Intemelia, edita dall'Istituto Internazionale di Studi liguri nel 1955. Una delle tante che Sista ha approfondito.
Nei giorni scorsi, lo studioso ha inviato una lettera al primo cittadino, e per conoscenza alla Soprintendenza archeologica di Genova e all'Istituto di Studi Liguri, sede centrale di Bordighera. Sista, in soldoni, sostiene che il Comune di Imperia poco o nulla ha fatto, sinora, per la salvaguardia della grande massa di reperti archeologici esistenti nella zona, descritti sì da studiosi ed esperti, ma mai raccolti in un complesso unico.
"La carenza di informazioni sulla loro precisa ubicazione - scrive inoltre Sista - rende impossibile lo studio del reperti, la loro valorizzazione e tutela ma, soprattutto, l'esposizione al pubblico. Sarebbe opportuna anche la creazione di una commissione di studio per l'attivazione del museo e per deciderne la sua gestione, commissione composta, oltre che da studiosi ed esperti locali, anche da rappresentanti di Comune, Istituto Studi Liguri e altri enti culturali".