La Corte d’Assise di Imperia ha emesso il suo verdetto: Salvatore Aldobrandi, 75 anni, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Sargonia Dankha, giovane di origini irachene naturalizzata svedese, scomparsa a Linköping nel novembre del 1995. La sentenza chiude un lungo e complesso processo, riaperto in Italia quasi tre decenni dopo i fatti.
La condanna arriva dopo una serie di udienze in cui sono stati ricostruiti i dettagli della vicenda e analizzate le prove raccolte nel corso di indagini durate anni. Alla lettura del dispositivo, era presente in aula anche il procuratore Lari. Per la Procura di Imperia, rappresentata dai PM Paola Marrali e Matteo Gobbi, Aldobrandi ha agito per motivi "abbietti e futili", uccidendo Sargonia per "gelosia". La Corte ha accolto integralmente la ricostruzione dell’accusa, secondo cui Aldobrandi era l’unico a possedere il movente e l’opportunità per compiere il delitto. "Siamo di fronte a un femminicidio, un gesto estremo di possesso e di gelosia," aveva dichiarato la PM Marrali durante la requisitoria.
La vicenda, che in Svezia era rimasta ferma per l’impossibilità di procedere in assenza del corpo, ha trovato una svolta grazie alla determinazione della famiglia di Sargonia, che ha cercato giustizia per decenni. In Italia, grazie alla diversa normativa, è stato possibile procedere con il processo sulla base degli indizi e delle testimonianze raccolte nel tempo.
Durante l'ultima udienza, l’avvocato Fabrizio Cravero, difensore di Aldobrandi, aveva cercato di sollevare dubbi sulla solidità delle prove e sulle lacune delle indagini, sottolineando le difficoltà legate al tempo trascorso. Tuttavia, per la Corte, il quadro probatorio è risultato chiaro e coerente, portando alla condanna l'uomo di origini calabresi e che per anni ha vissuto nella città di Sanremo.