La prima acqua salata che l’ha bagnata era quella della spiaggia di Genova Voltri. Aria, 8 metri stazza internazionale, è stata costruita dal Cantiere Ugo Costaguta che, nel 1935, aveva gli scali nell’allora frazione genovese e, dopo tanti anni, ritorna in acque liguri grazie alla sua armatrice Serena Galvani.
Per quello splendido scafo affusolato che esprimeva eleganza, raffinatezza e grandi prestazioni sportive era l’inizio di una vita avventurosa e tormentata. Lo scafo progettato da Attilio Costaguta si fondava su una stazza internazionale in cui la misura, in questo caso 8 metri, era definita dal risultato di una formula non corrispondente alle reali dimensioni, tanto è vero che Aria era lunga 14,50 metri. Era l’epoca d’oro delle cosiddette “classi metriche” e il suo primo armatore, il genovese Benedetto Bruzzo, negli anni antecedenti la Seconda Guerra Mondiale, portava quel suo gioiello a confrontarsi nelle regate più prestigiose con avversari quali Germania del barone Krupp, Bona e Italia, oro olimpico nel 1936.
Proprio in quell’anno si svolgevano le selezioni per le Olimpiadi della Vela a Kiel a cui Aria fu protagonista. Comunque quello scafo era presente a tutte le più importanti competizioni veliche genovesi, ottenendo sempre posti da podio fino a conquistare la Coppa Duca degli Abruzzi nel ’39. Sulla sua coperta salì la nobiltà velica del tempo come Beppe Croce junior, Mino e Massimo Poggi, Giuliano Oberti, Leone Reggio e pure una donna, Madame Saavedra.
Nel 1939 viene venduta al marchese Francesco Spinola mentre nel 1951 entra nella flotta del Circolo Savoia di Napoli dove rimane fino al ’67 anche se, quattro anni prima, era stata acquistata dal generale Alessandro Santi di Trieste. Trasferita lontano da Napoli per opera del figlio del generale Santi, nel ’66 il Circolo Savoia riceve una comunicazione che certifica Aria in disarmo a Fiumicino senza il rinnovo della licenza e in vendita. L'anno seguente Leone Carlo Mostacci ne diviene proprietario trasferendola prima sul Lago di Garda e poi a Favignana.
E, in quell’isola, Aria cambia un destino che sembrava portarla alla rovina. Nel 1998 la ritrova Serena Galvani in un triste stato di abbandono, con il fasciame resinato nel tentativo di trasformarla in barca da crociera da parte di uno dei vecchi proprietaria. Per la Galvani diviene anche un segno del destino: il numero velico sulla randa della barca segna due date legate al padre, drammaticamente scomparso pochi anni prima. Così la trasporta a Cantieri dell’Argentario per un radicale filologico restauro: Aria rinasce nuova vita, negli anni sarà a Gaeta, in Costa Azzurra, a Trieste e finalmente a Genova, dove era nata e dove la sua armatrice ha scelto di vivere.
In questi giorni è sulla banchina del Raduno per la seconda volta, la prima nel 2000, con la sua armatrice Serena Galvani. “Sono felice di essere tornata qui – afferma – quando il porto si trasforma in un museo galleggiante e, inoltre, ho un particolare legame con Imperia”. Un legame nato anni fa e che non si è mai sciolto. “Oltre ad essere già presente al Raduno del 2000 – spiega – ho fondato l’Associazione Recupero Imbarcazioni Epoca (Arie) e nel 2003 avevo interessato Claudio Scajola, allora ministro, che si era preoccupato e attivato per un progetto di legge tendente a definire le barche d’epoca come beni culturali. Allora è nata un’amicizia che non si è mai interrotta”.