Non solo la cessione di Oneglia ai Savoia, ma anche la situazione internazionale del momento, comportarono una certa tensione tra la Dominante e il Ducato sabaudo in quegli ultimi anni del XVI secolo.
Genova non accettò di buon grado, si è detto anche in precedenti occasioni, il passaggio sotto i Savoia di Oneglia e del suo circondario in un momento in cui gli schieramenti politici nel Vecchio Continente si avviavano verso nuovi equilibri.
La spinta del Ducato di Savoia su Finale, protettorato spagnolo e di fatti territorio genovese, ma anche su Albenga e da Perinaldo su Ventimiglia e Sanremo, rientrava nelle esigenze piemontesi di trovare nuovi e più vicini sbocchi su Mediterraneo dopo aver consolidato quello ormai secolare di Nizza.
Genova e i Savoia, d'altra parte, in quell'area geografica, avevano confermato la linea di confine tra Angioini e Genova del XIII secolo e Genova non intendeva offrire altre vie al mare al Ducato sabaudo, che non era ancora completamente da definirsi uno stato unitario, se pur dal 1416 si era costituito come tale, bensì un insieme di persone e di potentati ad esso aggregati.
La politica estera piemontese, del resto, era ancora agli inizi, e, prevalentemente, conservava carattere continentale. In tale contesto un tentativo serio di rafforzarsi in direzione marittima si sviluppò su Oneglia, attraverso una capillare organizzazione della sicurezza che, grazie ad una rete informativa efficiente, portasse a vigilare su ogni interferenza revanscista genovese nell'enclave ottenuto dal ramo dei locali Doria, premiati da Torino con inediti titoli nobiliari e domini lontani però da Oneglia, dove gli stessi non avevano lasciato certo un buon ricordo a causa della loro condotta poco onesta.
La rete di spie sabaude in città si appoggiava ad un gran numero di informatori e collaboratori attivi sia su Porto Maurizio che nel resto della Riviera ed erano incaricati di operare anche sul piano della propaganda antigenovese: una propaganda che trovava peraltro terreno favorevole soprattutto a Sanremo a causa dell' insofferenza locale nei confronti del fiscalismo della Superba.
Analogamente, tuttavia, lo spionaggio genovese cercava di controllare l'andamento amministrativo di Oneglia e al tempo stesso di risollevare le simpatie della gente verso Genova, nonostante le antipatie suscitare dai Doria quando erano al governo della città.
Non era estranea in ogni caso alle considerazioni dei due schieramenti la preoccupazione a riguardo della predicazione protestante, dal momento che la questione era diventata di grande attualità per le ricadute politiche che essa rivestiva. Non tanto però ad Oneglia, quanto piuttosto a Porto Maurizio era stata segnalato, infatti, un circolare di idee protestanti o antipapiste provenienti da Ventimiglia e le diverse autorità civili e religiose tenevano strettamente sotto controllo queste manifestazioni nel timore che celassero implicazioni politiche.
Inoltre, in quel periodo per dissenso si accusavano di essere streghe donne esperte in guarigioni con erbe e talvolta alcune di esse erano incolpate di essere spie. Tutto ciò andava a collegarsi con i movimenti che mettevano in crisi l'unità religiosa d'Europa (e in subordine d'Italia e della Liguria) e in particolare con lo svolgimento del Concilio di Trento che, spostatosi a Bologna per la peste, cercava di mettere mano ad una seria revisione della pratica cattolica.
Nel Ponente ligure qualche accenno di simpatie protestanti si era colto, come abbiamo detto, nell' estremo occidentale e pur tuttavia il Tribunale dell' Inquisizione a Porto Maurizio e nel resto del Genovesato non superò mai certi limiti perché Genova faceva prevalere il buon senso e le ragioni dell' interesse economico sopra le motivazioni religiose, a meno ché non fosse minacciata la sicurezza delle istituzioni.
Ebrei, protestanti e persino musulmani, anche se tenuti d'occhio, non rappresentarono mai motivo di grande preoccupazione. Analogo atteggiamento era adottato ad Oneglia da parte sabauda: i Savoia avevano intanto, nella prima metà XVI secolo, autorizzato nei loro domini una limitata libertà di culto ai Valdesi e ad Oneglia, come a Nizza, le frequentazioni cosiddette eretiche erano valutate caso per caso in relazione agli avvenimenti in corso nella vicina Francia.
Quando nel 1576 Oneglia passò al Duca Emanuele Filiberto tali sviluppi vennero tenuti però in scarsa considerazione in ossequio alla ragion di stato che esigeva il rispetto di ben altre motivazioni in quel momento: un argomento questo ancora tutto da trattare e sul quale non si mancherà di tornare.