L'aggressione della Russia ai danni dell'Ucraina e, ancor di più, l'evolversi in vera e propria guerra di quella che Putin aveva chiamato riduttivamente “Operazione speciale”, sta inducendo molti Stati europei a riprendere in considerazione l'ipotesi di dotarsi di uno strumento militare ben più numeroso di quello attualmente disponibile.
Per poter ottenere tale risultato, l'unica via ritenuta percorribile da gran parte dei governi è quella di prevedere che i Cittadini, in un modo o nell'altro, tornino a garantire la propria disponibilità a indossare un'uniforme e ad addestrarsi per essere più o meno pronti per un impiego in combattimento.
Un concetto che il mondo occidentale, a seguito dell'implosione dell'Unione Sovietica e della conseguente scomparsa del Patto di Varsavia, atavico nemico della NATO, riteneva di aver ormai ampiamente superato, per cui aveva adottato la soluzione di Forze Armate professionali, ridotte nei numeri, ben equipaggiate ed addestrate. Unità militari prontamente impiegabili, ma idonee ad affrontare operazioni pur se prolungate non certo di larga scala. In definitiva, Forze Armate non in grado di sostenere uno sforzo bellico tradizionalmente inteso.
Infatti, dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, la stessa NATO, ormai rimasta l'unica Alleanza politico-militare al mondo, si è ingaggiata solo nelle cosiddette Operazioni di pace sotto egida ONU, Anche se alcune di esse, come quelle in Iraq ed Afghanistan, sono state particolarmente impegnative, comportando anche fasi di combattimento, erano comunque limitate nello spazio e nel tempo.
In questo periodo storico di circa 30 anni, l'unica operazione assimilabile ad un conflitto è stato l'attacco all'Iraq del 2003. Tuttavia, in quel caso la sproporzione di forza, a favore della Coalizione Internazionale a guida USA, fu talmente grande che determinò il pressoché immediato collasso delle unità irachene,
La situazione che, più o meno a ragione, ora ipotizzano gran parte dei Governi occidentali e le stesse NATO e UE è ben diversa, perché ciò che dichiarano di temere è una guerra con la Russia, che non è di certo l'Iraq di Saddam. Lo fanno con la circospezione di chi, ipocritamente, teme di inimicarsi l'opinione pubblica, che è poi sinonimo di elettorato e lo fanno cercando di evidenziare la totale convinzione di poter escludere l'escalation nucleare. Pertanto, l'ipotesi che si sussurra è quella di una guerra convenzionale, ma di elevata intensità e prolungata nel tempo. E per poter affrontare una situazione di questo genere, oltre a mezzi, armamenti, equipaggiamenti e munizioni, tutte risotrse che già ora scarseggiano, serve anche un gran numero di soldati
Ecco quindi che i politici occidentali son tornati sommessamente a parlare di leva, di coscrizione obbligatoria e di riservisti, argomenti che però potrebbero rivelarsi altamente indigesti per le attuali giovani generazioni, cresciute in una dimensione sociale e con criteri etici ben distanti da tale tipologia di obbligo.
Inoltre, gli stessi Governanti, in gran parte anagraficamente “militi esenti”, non dispongono della expertise necessaria per trattare problematiche di tale genere, per cui si abbandonano a valutazioni talvolta estemporanee e bizzarre, molto lontane da una necessaria aderenza alle reali esigenze operative. Pertanto, il panorama di soluzioni in fieri o già adottate dalle Nazioni europee, nonostante appartengano alle stesse Organizzazioni Internazionali (NATO e UE), è molto variegato e spazia da un ritorno integrale della leva obbligatoria alla costituzione di bacini più o meno grandi di riservisti, da richiamare per periodi addestrativi diversi per durata e frequenza.
Ovviamente, il concetto di riservista è attualmente quello più gettonato, perchè preserva ancora i politici dal mal di pancia di dover proporre al popolo l'ipotesi di un servizio di leva obbligatorio. Il problema però è che non tutte le Nazioni dispongono già di tale risorsa e in quantità adeguata. In Italia, ad esempio, la formazione di una “riserva ausiliaria” è prevista sin dal 2022, ma non è mai stata attuata, in quanto i Decreti Legislativi necessari per avviare il progetto, previsti entro il 2023, sono stati recentemente prorogati al 2026. Quindi, il Ministro Crosetto, che si è già espresso contrariamente all'ipotesi di una leva, deve incominciare ex novo un iter che non sarà immediato, perché prevede passaggi di approvazione al Consiglio di Stato ed in Parlamento. Secondo il Capo di Stato Maggiore della Difesa, questa nuova risorsa, dovrebbe essere costituita da “personale proveniente dal mondo civile e da pregressa esperienza militare”, essere sottoposta a “periodi di addestramento non troppo invasivi”, non essere “mandata necessariamente in prima linea” ed essere costituita da circa 10.000 unità.
Come si vede, un approccio molto soft che non sembra poter dare una risposta adeguata agli allarmismi che, invece, aleggiano concretamente in ambito NATO e, recentemente, anche presso l'Unione Europea che, per voce dei suoi Vertici Von der Leyen, Michel e Borrel, hanno esplicitamente affermato il concetto che una guerra con la Russia non è un'ipotesi impossibile. E' indubbiamente il miagolio di un leone senza denti, normalmente abituato a regolamentare la dimensione delle mozzarelle, ma rimane pur sempre la posizione ufficiale di un'Organizzazione che ormai governa sempre più la vita delle Nazioni Europee.
E' necessario ricordare che in Italia sono già in atto altre due forme di riservismo. La Riserva Selezionata, composta esclusivamente da Ufficiali, che fu creata qualche anno fa per dotare le Forze Armate di capacità professionali peculiari, come medici, sociologhi, avvocati, ecc.. Una componente quindi specialistica e non combattente che, al momento, può essere richiamata per un massimo di sei mesi all'anno. Inoltre, esistono anche le cosiddette “Forze di Completamento”, costituite da personale ex militare in congedo di tutte le Categorie (u., SU e Tr.) e che ha garantito la disponibilità al richiamo. Una risorsa che, però, non è stata mai richiamata per alcun periodo di aggiornamento addestrativo.
Altre Nazioni europee, probabilmente più attente e previdenti in tema di Difesa, stanno un po' meglio di noi. La Germania ne dispone di circa 15.000 che vengono richiamati annualmente per un periodo addestrativo. Meglio ancora la Francia, che ha un bacino di circa 77.000 riservisti, di cui circa 10.000 sono stati richiamati recentemente. L'intenzione trandsalpina è quella di arrivare ad una rapida disponibilità di 100.000 unità e, per ottenere tale risultato, il Ministro della Difesa ha candidamente previsto di innalzare il limite di età di richiamo dagli attuali 62/65 anni a 70/72. In pratica, questo signore non ha problemi a mandare nonni e bisnonni al fronte, pur di non imporre la difesa della Patria ai loro nipoti, pregiudicando il suo futuro di politico.
Tra i Paesi che stanno seriamente pensando di ripristinare il servizio di leva ci sono Germania e Gran Bretagna. Ma mentre quest'ultima è ancora in fase di assennata valutazione, la seconda avrebbe addirittura individuato nel 2026 il momento in cui reintrodurre una forma di coscrizione semi-obbligatoria, ispirata al modello svedese. Se possiamo guardare ai Britannici come un serio riferimento di riflessione, per quanto hanno fatto negli ultimi 30 anni, di contro è possibile affermare che i Tedeschi, nello stesso periodo, non hanno particolarmente brillato per la loro politica di difesa e, soprattutto, per l'efficienza ed l'efficacia delle loro unità nelle missioni più impegnative. Le nostre Forze Armate sono state decisamente superiori per rendimento e risultati, per cui costituiscono un fattore di valutazione ben diverso dai colleghi tedeschi.
Ma risulta evidente, anche nel caso della Germania, che la politica si muove molto cautamente, senza prevedere un'obbligatorietà generalizzata.
Ancora più originale e particolare è stato l'approccio dei Paesi nordici, quali Danimarca, Norvegia e Svezia le quali, nella coscienza che le Forze Armate disponibili non sono sufficienti, hanno incrementato il loro personale militare estendendo al personale femminile la coscrizione obbligatoria. La Ministra della Difesa danese ha commentato che tale decisione consente di conseguire “la piena uguaglianza tra i sessi”, in tal modo mascherando con una condivisibile motivazione di equità sociale il provvedimento impopolare di incrementare la coscrizione obbligatoria.
Nel frattempo, alla fine di marzo, Putin ha ufficializzato la chiamata alle armi dello scaglione annuale primaverile, che prevede l'arruolamento di 147.000 soldati. Contestulamente, è stato prevista l'estensione a 30 anni dell'età massima di arruolamento, escludendo però coloro che lavorano nel settore informatico e nell'industria Difesa.
Pertanto, risulta ben evidente la differenza tra una Russia che non sembra patire di particolari carenze di personale e neppure di problemi di gestione dei propri bacini di reclutamento ed un'Europa balbettante, che valuta opzioni di dubbia realizzazione o adotta soluzioni di scarsa efficacia.