Il fagiolo bianco delle Alpi Marittime, da poco inserito in un progetto della Regione Liguria volto alla “Conservazione e l'uso sostenibile delle risorse genetiche vegetali in agricoltura”, rappresenta un’eccellenza del nostro territorio.
I fagioli di Pigna, insieme a quelli di Conio e Badalucco, sono da anni presidio Slow Food, una tutela che si è resa necessaria per proteggere questo prodotto della tradizione da ibridazioni con altre specie.
Queste tre tipologie, molto simili tra loro, presentano delle peculiarità sia per quanto riguarda l’aspetto e la forma, che per le modalità di coltivazione. Si tratta di un legume leggermente tondo, color avorio, con una buccia quasi inesistente che non si sfalda alla cottura. Particolare è anche la coltivazione che avviene con pratiche che appartengono alla storia di questi territori. Il fagiolo viene seminato a partire da San Giovanni, fino alla prima decade di luglio, tempistiche che, come racconta il sindaco di Pigna Roberto Trutalli, dovevano essere rigorosamente rispettate per evitare l’attacco di parassiti.
La pianta, rampicante, ha necessità in estate di acqua abbondante e trae le sue peculiarità anche dalla natura calcarea dell’acqua di questi luoghi. Per questo in passato sono stati creati consorzi idrici ad hoc, il più antico dei quali risale alla metà del ‘700, a Pigna spiega Trutalli: “L’acqua era distribuita su turni che coprivano tutto l’arco della giornata e tutti i giorni della settimana. In questo modo si serviva tutto il territorio, senza lasciare fuori nessun produttore”.
Come racconta il sindaco Trutalli: “Il fagiolo bianco, nel secondo dopo guerra, era così prezioso da essere un dono che si portava in occasione di visite, magari accompagnato dal pane nero tipico di Pigna”, ad oggi a questo legume viene ancora riconosciuta tutta la sua unicità.