Riceviamo e pubblichiamo l'intervento in merito alla proposta di adesione alla rete RE.A.DY, discussa nel Consiglio comunale di ieri
Ho sottoscritto convintamente la delibera per l'adesione alla rete denominata RE.A.DY. con la quale il nostro Comune ha l'opportunità finalmente di essere portavoce dei bisogni della comunità LGBTQ plus, che con il suo appellativo di comunità non intende qualcosa di chiuso a se stante, ma piuttosto parte integrante, attiva, quotidiana e produttiva della nostra società. E così deve essere intesa.
Aderire a tale rete significa, dunque, portare la nostra città in perfetta sintonia coi nostri tempi, raccogliendo le istanze che a gran voce da anni chiedono anche a noi amministratori di contrastare le discriminazioni che ancora permangono tra gli individui… solo perché alcuni di essi si innamorano di persone dello stesso sesso o sono nati in un corpo diverso da quello che sentono dentro davvero. Come se la diversità fosse un disvalore, o ancora di più, come se non fossimo tutti diversi.
Aderire alla carta vuol dire adoperarsi come ente locale per favorire il diffondersi di buone prassi al fine di farle diventare patrimonio comune, una buona abitudine e non una eccezione estemporanea. Aderire alla rete vuol dire impegnarsi per un valore essenziale: il rispetto, non solo come atto educativo e formativo da promuovere tra i banchi di scuola per le cittadine e i cittadini di domani, ma anche nei confronti del personale medico e sanitario, con le associazioni di categoria e gli attori del mondo del lavoro, con tutta la comunità educante, in ogni comparto della nostra società.
Aderire a questa rete significa dare piena cittadinanza ai principi normativi che sono a fondamento della nostra civiltà, rispondere a bisogni concreti delle persone LGBTQ plus (e dei loro familiari, parenti e amici), prevenire forme di disagio giovanile, arginare modalità spesso discriminatorie, promuovere la cultura dell’inclusione, del rispetto e della libertà, restituendo così pari dignità a tutti gli individui.
Vorrei citare chi tra gli intellettuali del nostro tempo ha meglio saputo interpretare la cultura Queer più di chiunque altro, quella cultura della diversità come caratteristica fondante l’essere umano, la scrittrice purtroppo prematuramente scomparsa, Michela Murgia:
“Mi piace definirla ibrida, la mia famiglia. Ho scelto come anello nuziale una rana ad altorilievo perché è un animale di terra e di acqua, sempre pronto al salto, quindi al cambiamento, rappresenta bene la queerness in natura. L’idea della famiglia queer è quella di fondare le sue relazioni sullo Ius Voluntatis, sul diritto della volontà. Perché la differenza non è un vuoto di possibilità ma un pieno di alternative”
Concludo. L'azione delle Pubbliche Amministrazioni, dunque, non può ignorare quella che è la sua missione fondante, ovvero attuare sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone, tutte le persone, senza distinzioni legate al sesso o all’orientamento sessuale, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero, nella realizzazione di una cittadinanza pienamente compiuta.
Laura Amoretti