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Attualità | 17 novembre 2024, 07:25

Ordinaria precarietà, la storia del campano Mario Fucci emigrato a Imperia

Si è trasferito durante la pandemia in attesa di entrare di ruolo come collaboratore scolastico

Ordinaria precarietà, la storia del campano Mario Fucci emigrato a Imperia

Da quattro anni Mario Fucci si è trasferito a Imperia, lasciando la moglie e il figlio di nove anni, con la speranza di entrare di ruolo come collaboratore scolastico e poter poi chiedere il trasferimento. La storia di Mario è una storia di “ordinaria precarietà”, quarantaseienne campano è arrivato a Imperia durante la pandemia in attesa del "posto fisso". 

Prima di avvicinarsi al mondo sella scuola Mario ha lavorato per anni nella ristorazione, come maître in un albergo di Sorrento. Un lavoro precario, logorante, che richiede non pochi sacrifici: “Nel mondo della ristorazione non esistono certezze -racconta Fucci- Ho due diplomi alberghieri e ho sempre investito nella mia formazione, con corsi da sommelier professionista, da assaggiatore di salumi e formaggi e da beer tester. Tutti investimenti che non hanno portato a un ritorno”.

Poi, con la pandemia, la perdita del lavoro: “L’albergo ha chiuso, siamo rimasti senza stipendio. Mi è arrivata la convocazione da parte della scuola e mi sono buttato”. Da quattro anni Mario si è trasferito a Imperia, lasciando la moglie e il figlio di nove anni, con la speranza di entrare di ruolo e poter poi chiedere il trasferimento: “È un investimento per il mio futuro e per quello della mia famiglia. Spero in massimo tre anni di poter rientrare a casa, con un lavoro fisso. Al Sud le graduatorie sono infinite, l’unica speranza che avevo era trasferirmi al Nord”.

A mio figlio ho spiegato il motivo per cui ho cambiato lavoro e ha accettato la situazione. Paradossalmente riesco a passare più tempo con lui ora di quando lavoravo nella ristorazione: abitavamo insieme, ma non riuscivamo a vederci”. Una scelta difficile, quella di cambiare vita, ma necessaria: “Non valeva più la pena proseguire in quel settore, né economicamente né per mia salute mentale e fisica. Passare dalle quattordici ore di lavoro al giorno alle otto, con fine settimana, feste libere è un sollievo".

Sara Balestra

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