Due dialetti, tre santi e un confine invalicabile. La storica rivalità tra “Cacelotti e Ciantafurche” è andata in scena in un gremito Teatro Cavour per due serate consecutive. La commedia dialettale “Cacelotti e Ciantafurche. L’unificasion du Portu e d’Ineia" dipinge beffardamente quell’antico conflitto tra “fratelli”, ormai diventato proverbiale e ricordato con affetto. La divisione tra i due centri è un fatto antico, ma l'animo degli imperiesi è rimasto lo stesso e gli spettatori quasi riescono a immedesimarsi nei personaggi sul palco.
“È nata una città”, scrivevano i giornali nel 1923, “sicuramente in America, là può succedere di tutto”, si dice tra sé e sé una "neo imperiese" interpretata ottimamente da Antonella Micali, alla stazione in attesa del treno. La riunificazione degli undici comuni, avvenuta un secolo fa, è solo ricordata nel prologo della commedia che, invece, racconta gli antefatti dell’unificazione già immaginata nel 1908, tra risentimenti, dubbi e speranze.
Ermelinda, una briosa Daria Vitale, sta raccogliendo le firme per richiedere ufficialmente al prefetto di Porto “l’unificasion du Portu e d’Ineia”. Si rivolge agli zii, Cesina, fiera Cacelotta interpretata magnificamente da Alessandro Manera e Pepén, Ciantafurche di Sant'Agata, che prima di chiedere la mano alla futura moglie ha dovuto imparare il “dialetto più bello del mondo”: quello portorino.
Giovane ed entusiasta, Ermelinda, riconosce il valore storico di questa iniziativa, immagina già Imperia come una “metropoli”, prospera, grande come Genova, con un porto unico, treni carichi di merci e gente. Sogni e speranze che ancora tengono il dibattito politico attuale e che vengono scherniti da Cesina che “mugugna”, è diffidente e più che una metropoli è pronta a immaginarsi una "torre di Babele", capace di crollare al primo soffio di vento. Alla fine, rassegnata e incredula dal successo riscosso dalla proposta, si convince, comunque, a firmare, ma un dubbio rimane: San Leonardo e San Maurizio, andranno d’accordo con San Giovanni?
La commedia, scritta nel 1978 da Lucetto Ramella, ha debuttato lo stesso anno nella piazza alta del Parasio, con l’interpretazione del gruppo dialettale del Circolo Parasio diretto da Giuseppe Manera. La seconda edizione è andata in scena, al teatro Rossini, in occasione dei festeggiamenti per il 60° anniversario della città con la Compagnia “Benedusi” diretta da Franco Carli. Quarant’anni dopo una nuova rivisitazione curata dalla compagnia Ramaiolo in scena diretta da Alessandro Manera, è stata tra gli appuntamenti conclusivi dell’anno del Centenario, tornando a far sorridere gli imperiesi.
Della rappresentazione colpisce la precisione con cui le cadenze dialettali sono arrivate in scena, un pezzo di storia riproposto accuratamente. Impeccabile l’interpretazione di Alessandro Manera, nei panni di Cesina e di tutta la squadra: Massimo Belmonte, Pepén, Daria Vitale è Ermelinda, Mario Rainaldi in don Celestino, Christian Ferrari in Francesco, Marco Pesce in Giuvanén Carassa, Alessia Mela e Antonella Micali.
Infine, a presentare lo spettacolo e ricordarne la storia, Piera Raineri e Francesco Vatteone, già nel cast della prima edizione.