A vederla ritirata in secca, se chiudi gli occhi, ti immagini epiche traversate nell’Atlantico, ma se li apri ricordi tutto e allora scuoti la testa guardando e riguardando quella barca che riposa al di là del recinto sui vasi e i trabatelli dei cantieri navali di Imperia ricordi tutta un’altra storia e ti viene la pelle d’oca.
Weekend di fine agosto, dal mare all’asfalto di un’area del retro porto, ritrovi il “Sif of San Francisco”, lo scafo di proprietà dell’americano William McInnes, il perito chimico in pensione dell’Iowa, residente a Saint Tropez. Durante lo sbarco dei pirati, avvenimento collaterale al raduno internazionale delle Vele d’Epoca del 2015 a Imperia, un razzo di segnalazione partito dallo scafo ferì gravemente ad un occhio l’agronomo Sergio Salvagno.
A pochi settimane dall’inizio del raduno delle Signore del Mare rivedere quell’imbarcazione in secca è pugno al cuore. Rispolveri vecchie pagine di cronaca del passato e ricordi che da quella “vecchia signora” del mare è cambiata la vita di un uomo, Sergio Salvagno, e della sua famiglia.
Qualcuno aveva ipotizzato che la barca prima o poi sarebbe finita al macero, magari fatta in tanti pezzi buona per riscaldare un camino. Invece è ancora lì testimoniare quella tragedia che ha creato un certo imbarazzo tra gli organizzatori dei raduni successivi a quello drammatico del 2015.
La “Sif of San Francisco” è diventata come un pezzo da museo. E’ sistemata al di là di una recinzione metallica, protetta ma non lontano dagli occhi dei passanti. Chi cammina sul lungomare Vespucci e si ferma rivede il film della tragedia quando, durante la parata in mare dei “pirati”, un razzo sparato ad altezza d’uomo colpì Sergio Salvagno che quella sera era con la figlia in banchina ad assistere allo spettacolo.
E chissà per quanti anni ancora la “Sif of San Francisco” resterà sui vasi del cantiere imperiese.