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Cronaca | 19 agosto 2024, 10:34

Caos in carcere a Imperia, trasferiti a Marassi i due detenuti che hanno dato fuoco alla cella

"Soluzione non risolutiva, che anzi alimenta un circolo vizioso", commenta Fabio Pagani segretario della UILPA polizia penitenziaria

Caos in carcere a Imperia, trasferiti a Marassi i due detenuti che hanno dato fuoco alla cella

Sono stati trasferiti a Marassi i due detenuti, padre e figlio, che ieri, nel carcere di Imperia hanno incendiato delle lenzuola dopo una lite con un altro detenuto.

La violenza e le aggressioni alla polizia penitenziaria, oltre quattro al giorno quelle più gravi, si contrastano con la sicurezza, la prevenzione, l’organizzazione, gli equipaggiamenti e, quando occorre, con la repressione concreta. Il mero trasferimento dei detenuti facinorosi, per quanto a volte necessario proprio per la mancanza di tutto quanto anzidetto, non solo non è risolutivo, spostando il problema da una parte all'altra, ma aggrava il già insostenibile carico di lavoro del corpo di polizia penitenziaria che deve operare le traduzioni, finendo per ripercuotersi proprio sui livelli di sicurezza e così alimentando un circolo vizioso”, spiega il segretario della UILPA polizia penitenziaria, Fabio Pagani.

Lo sappia il provveditore del distretto (Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta) che i trasferimenti dei detenuti più violenti dal Piemonte (Alessandria, Cuneo, Novara e Torino) dirottati nelle carceri liguri (Marassi, Sanremo, La Spezia, Genova Pontedecimo), sono tra i protagonisti degli ultimi eventi critici accaduti in Liguria.

Proprio a Genova Pontedecimo, le due donne detenute (provenienti dal Piemonte) hanno tentato il suicidio, salvate in extremis dalla polizia penitenziaria. A La Spezia, il detenuto ustionato, che ha creato disordini giornalieri, proviene dal Piemonte (oggi probabilmente sarà trasferito a Marassi). A Marassi i detenuti pericolosi, presenti in 6° Sezione sono provenienti dal Piemonte. A Sanremo i protagonisti degli ultimi episodi di violenza e soprattutto i mancati rientri in cella negli orari previsti sono coordinati da detenuti provenienti dal Piemonte.

La polizia penitenziaria, i detenuti che vogliono scontare la pena aderendo ai percorsi di risocializzazione e quanti sono in attesa di giudizio, magari da innocenti, non hanno bisogno di minestra riscaldata, ma, banalmente, solo di funzionalità nell’alveo del dettato della Carta costituzionale.

Lo sappiano il capo del DAP e il sottosegretario Ostellari, ma lo sappiano soprattutto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il Governo Meloni. Se davvero si vogliono risollevare le sorti dell’esecuzione penale e, particolarmente, di quella inframuraria, il Governo prenda compiutamente atto della perdurante emergenza e vari un decreto carceri che consenta assunzioni straordinarie e con procedure accelerate nel corpo di polizia penitenziaria, mancante di 18mila unità, il deflazionamento della densità detentiva, il potenziamento degli equipaggiamenti, delle strutture e delle infrastrutture e, parallelamente. Lavori a riforme complessive che reingegnerizzino il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e riorganizzino il corpo di polizia penitenziaria”, conclude Pagani.

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