Inside Out 2, un successo senza precedenti.
In Italia, alla fine di luglio, risulta aver incassato più 43 milioni di euro, ma la ragguardevole cifra di un miliardo e mezzo di dollari di incasso a livello mondiale lo pone al vertice della classifica dei film di animazione più visti di sempre.
Sequel di Inside Out del 2015, vincitore quest’ultimo di un Oscar e del Golden Globe, questo gioiello targato Pixar, diretto da Kelsey Mann e sceneggiato ancora una volta da Meg LeFauve, narra la vita e le imprese degli stati d’animo di Riley, una ragazzina di tredici anni.
In questo secondo capitolo, a Gioia, Disgusto, Rabbia, Paura e Tristezza, emozioni protagoniste del primo capitolo, si aggiungono, con l’arrivo della pubertà di Riley, Ansia, Invidia, Imbarazzo, Noia e Nostalgia.
Il ruolo di mattatrice nella trama appartiene senz’altro ad Ansia, che trascina tutti gli altri personaggi in un vortice di situazioni sì comiche, ma anche, per certi versi, drammatiche e piene di suspence. Riley rischia di perdere il “senso di sé” tanto faticosamente costruito negli anni.
Tutte le emozioni di Riley
Ho più volte sostenuto, in questa rubrica, quanto sia errato considerare i fumetti e ogni loro derivato come “roba da bambini”.
Bene, questo film di animazione, fa sorgere spontanee almeno due domande: il suo successo potrebbe risiedere proprio nella forza del personaggio di Ansia e nelle reazioni che, con le migliori intenzioni, causa nella sua “vittima”?
A prescindere dalla qualità innegabile del prodotto in sé, può essere che il pubblico, in questo sequel viva un’immedesimazione o riconosca comunque situazioni che vede anche nella realtà?
Ho chiesto alla Dottoressa Elisabetta Katia Torti, psicologa e psicoterapeuta genovese, membro dell'Ordine degli Psicologi della Liguria, di guardare Inside Out 2.
Dottoressa, nel film il personaggio di Ansia è molto comico, in certi momenti fa addirittura tenerezza. Quando comincia ad agire però, combina guai molto seri. Ecco, proviamo a sostituire il disegno animato con una definizione. Come spiegherebbe a un suo paziente cos'è l'ansia?
Ad un mio paziente spiegherei innanzitutto che l'ansia è uno stato emotivo complesso che coinvolge, nella sua manifestazione, la psiche della persona, il corpo e la chimica del cervello. Questa espressione psicofisica esprime come mai le persone si sentano spiazzate o addirittura sopraffatte nei momenti in cui l'ansia si manifesta. È importante spiegare con chiarezza cosa succede, in modo che la persona possa dare presto un significato a quello che prova, perché tale vissuto può arrivare a sconvolgerla e a fargli fare molta fatica a capirsi. Il livello di ansia e gli eventuali meccanismi protettivi che la persona ha a sua disposizione, per esempio il supporto e la possibilità di capire quello che sente, decidono quale sarà l’espressione sintomatologica di tale disagio, che può andare dalla sensazione di agitazione, al panico. Sia nell'espressione più semplice dell’ansia che nella più sconvolgente, tra cui l'attacco di panico o i pensieri di natura ossessiva (per esempio temere di nuocere a qualcuno), il corpo è coinvolto, così come la psiche; ci si può sentire mentalmente fuori fuoco ed avere contemporaneamente uno stato di attivazione fisica con tachicardia, respirazione veloce e senso di oppressione al petto (come Riley, la protagonista del film, durante la partita) quindi arrivare a temere per la propria salute. In altri casi, invece, l'espressione psicologica del disturbo prevale su quella fisica, quindi possiamo avere sensazioni quali la paura di impazzire oppure di percepire la realtà esterna come estranea o, ancora, sentirci noi come estranei o distaccati da quello che ci succede intorno. Tornando alla domanda, ad un mio paziente illustrerei anche la funzione utile che l’ansia svolge nel nostro funzionamento, tanto è vero che nel film è rappresentata come un personaggio simpatico, affettuoso, anche se un po’ pasticcione: l'ansia è un ottimo sistema di allarme che ci permette di occuparci prima, delle cose che faremo poi; da un punto di vista evolutivo ha avuto implicazioni enormi nella capacità dell’uomo di prevedere il pericolo, per esempio. Ma quando l’allarme suona a volume troppo alto, o quando non è necessario essere in guardia, quello stesso meccanismo che nasce come protettivo, può arrivare a nuocere, oltre ad essere molto fastidioso ed invalidante.
Il personaggio di Ansia compare nel periodo in cui la protagonista affronta il passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Le risulta che nella realtà sia molto frequente questo fenomeno? Gli adulti ansiosi lo sono stati per forza anche da bambini? E i bambini lo saranno per forza anche da adulti?
Sì, l’ansia sperimentata in giovanissima età è un fenomeno sempre più frequente. Bisogna tenere presente che la fase di crescita che caratterizza il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la cosiddetta preadolescenza (il periodo delle scuole medie, per capirci) è ricco di esperienze nuove: il corpo, per la spinta della pubertà, cambia e questo cambiamento spesso non è gradevole per chi lo sta affrontando: gli adulti di riferimento fanno fatica a riconoscere in quel ragazzino brufoloso dal corpo che cresce il proprio bambino. Inoltre, le aspettative sociali e scolastiche aumentano, in un momento in cui la capacità di regolarsi, a causa del repentino cambiamento, è ancora insufficiente. La mente deve ancora acquisire una competenza fondamentale, passaggio che avverrà circa a metà delle scuole superiori, il pensiero operatorio formale, che tra le altre cose stabilizza la capacità di riflettere su se stessi. La protagonista della storia, Riley, si trova ad affrontare proprio questa fase di crescita. Il gruppo dei pari diventa sempre più centrale e il bisogno di essere accettati, tema trattato molto bene in Inside Out 2, può creare ansia. Se associamo tutto questo alla complessità delle dinamiche che derivano dall’uso dei social e l’incertezza di fondo che caratterizza la nostra epoca, l'esito non può essere che un aumento generale dei casi in cui l’ansia è presente, soprattutto nella fasi più delicate della crescita. Per rispondere alle altre due questioni poste, un adulto ansioso non è detto che sia stato un bambino ansioso, perché durante il percorso di vita possono intervenire fattori traumatici, perdite o lutti che possono aumentare la possibilità di sperimentare l’ansia. I bambini ansiosi è più probabile che saranno adulti che soffrono di un disturbo di ansia, perché l’esperienza pregressa lascia traccia nella memoria della persona. Esistono, comunque, fattori protettivi nella crescita che possono proteggere i futuri adulti, per esempio gli affetti, le buone esperienze di socializzazione, un buon percorso scolastico e lo sport.
Nel corso della storia, tanto le esperienze positive, quanto le negative, diventano un rimedio contro l'ansia. Nella realtà di un percorso terapeutico questa soluzione è verosimile? L'ansia si può curare? E se sì, come si cura?
Un buon percorso di psicoterapia può arrivare ad essere un’esperienza emozionale correttiva. Questo significa che le relazioni, in questo caso la relazione psicoterapeutica, possono innescare nella persona un processo costruttivo attraverso il quale, chi lo sperimenta, può percepire sensazioni importantissime quali l'accettazione, il riconoscimento del problema e la possibilità di non essere soli nell'affrontare la situazione. Ci tengo a raccontare che l'esperienza terapeutica permette alla persona di provare in un ambiente sicuro ciò che sarà poi da portare nell'esperienza all'esterno. Inoltre, la possibilità di elaborare quello che accade dal punto di vista sintomatologico migliora la prognosi dell'ansia e fa sì che la persona possa ottenere anche una miglior percezione di se stesso, aumentando così il senso di empowerment ed autoefficacia. Quindi la psicoterapia la considero un’esperienza positiva nella vita di una persona. Le esperienze negative che posso considerare una sorta di tampone dell’ansia, sono le situazioni percepite come più gravi, per esempio i problemi di salute, che permettono alla persona di cambiare le priorità e di iniziare a curare maggiormente il “qui ed ora”. In merito alla cura dell’ansia, esistono diverse possibilità psicoterapeutiche che considero efficaci, in particolare, la tecnica EMDR, in quanto permette di trattare esperienze del passato che possono essere generatori interni di ansia, oppure eventi anche recenti di portata molto pesante quale l'attacco di panico, riconoscendolo come episodio traumatico, che se non desensibilizzato ed elaborato può generare episodi simili che si ripetono, arrivando a sviluppare il disturbo da attacchi di panico, in cui quei momenti purtroppo si ripetono più volte in un arco di tempo ridotto.
Noi ci rileggiamo, come al solito, la prossima settimana.