Un Occhio sul Mondo - 06 luglio 2024, 09:00

“Beata la Guerra Fredda”

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Un vecchio proverbio recita “Si stava meglio quando si stava peggio”, che solo apparentemente può essere considerato lo slogan dei nostalgici, perché proprio il momento storico che stiamo vivendo sembra costituire la dimostrazione della sua amara attualità.

Per le nostre generazioni, il riferimento al recente passato è indubbiamente costituito dal periodo della “Guerra Fredda”, quella fase della storia mondiale che iniziò subito dopo la fine della 2^ Guerra mondiale, allorché due parti, ideologicamente contrapposte, iniziarono a confrontarsi, soprattutto sotto l'aspetto militare, ma senza mai scambiarsi un solo colpo di fucile.

Da una parte c'era il mondo occidentale, rappresentato dalla NATO, dall'altra l'Unione Sovietica, rappresentata dal Patto di Varsavia, a lato i cosiddetti Paesi non allineati e poi c'era il resto del mondo.

Il confronto duro tra i due blocchi avveniva sostanzialmente nell'Emisfero nord del globo, con l'Europa che, dopo la vittoria del conflitto mondiale, ottenuta anche per il determinante intervento americano, aveva definitivamente perso il suo ruolo guida nella politica internazionale, per divenire l'oggetto del contendere.

Tuttavia, nonostante il confronto fosse forte e tendesse al cedimento di una delle Parti, come poi avvenne e nonostante i due blocchi cercassero di estendere la loro influenza sul resto del mondo, in realtà questo assetto garantì decenni di stabilità perché, come afferma lo Storico e filosofo Carlo Galli, “la Guerra Fredda esauriva in sé sostanzialmente tutto lo scontro politico a livello mondiale”.

La suddivisione del mondo era cristallizzata, quasi ci fosse un tacito accordo tra le Parti a mantenere lo status quo, tanto è vero che all'Occidente, tanto meno agli Stati Uniti, venne mai in mente di intervenire in funzione anti-sovietica, sfruttando le frequenti rivolte che scoppiavano negli Stati satelliti. Quindi ideologie diverse, ma approccio comune di sostanziale reciproca riverenza.

L'avvio della Guerra russo-ucraina, con tutte le sue successive conseguenze, tra cui quella fondamentale che ha portato la NATO a considerare la Russia da partner a primo nemico, ha indotto molti a tornare a parlare di nuova Guerra Fredda, vista l'apparente nuova contrapposizione tra Mosca e Washington, con la sua corte di Capitali europee.

In realtà, le cose sono ben differenti rispetto al secolo scorso perché, nel frattempo, abbiamo vissuto quel momento storico, chiamato Globalizzazione, ritenuta attualmente in crisi ma tutt'altro che finita e che ha comunque sensibilmente modificato gli equilibri mondiali, inserendo nei giochi nuovi protagonisti, sia nazionali come la Cina sia internazionali, come il BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che ai tempi della vecchia Guerra Fredda o non avevano la forza di “giocare” o non esistevano ancora.

L'intensificazione globalizzata degli scambi economici-commerciali e degli investimenti internazionali ha indubbiamente determinato una sempre più accentuata interdipendenza delle economie nazionali, ma ha anche dettato un'importantissima lezione concettuale che dovrebbe aver insegnato, sia alle Nazioni che alle Organizzazioni mondiali, che i rapporti internazionali possono essere modificati e ri-orientati con una rapidità ed una facilità impensabili nel recente passato.

La dimostrazione più immediata e concreta di questo asserto l'ha fornita proprio la Russia con la sua economia, la quale non solo non ha sofferto le velleitarie sanzioni che l'Occidente e più in particolare la presuntuosa Europa le hanno inflitto, ma addirittura ne ha fatto un fattore di crescita, orientando le sue relazioni commerciali verso nuovi indirizzi.

In effetti, con il senno del poi, si può affermare che, in occasione delle proclamazioni delle sanzioni contro la Russia, che avrebbero dovuto metterla in ginocchio in un batter d'occhio, Putin faceva dichiarazioni che evidenziavano la sua preoccupazione non tanto per se stesso, quanto per l'Europa. E i fatti gli hanno dato sinora ragione, visto che nel 2022 Mosca ha accusato una contrazione del 2,1% del proprio PIL, mentre nel 2023, con una crescita del 3,6%, ha superato sia l'Europa che gli Stati Uniti, dimostrando che la flessione era probabilmente imputabile ai tempi necessari per orientarsi verso nuovi mercati e per “de-dollarizzare” il proprio sistema economico-finanziario, in modo da ridurre l'impatto del congelamento delle proprie riserve di valuta estera.

Anche l'Europa, a seguito delle sanzioni che lei stessa ha adottato, ha reagito con nuove misure, soprattutto nel settore energetico. Ad esempio, si è svincolata dalla dipendenza russa nella fornitura del gas, individuando nuove fonti di approvvigionamento, come quella americana. Ma questi provvedimenti non hanno sortito gli stessi effetti positivi, visto che i prezzi del gas per gli Europei sono saliti decisamente sia perché il gas dagli USA è intrinsecamente più caro sia perché i Trader del vecchio Continente ci hanno speculato alla grande, sotto lo sguardo passivo dei Governi.

Peraltro, il contraccolpo negativo sull'Europa dopo le sue sanzioni è stato anche dovuto alla riduzione drastica dei suoi prosperi e benefici commerci con la Russia, con la sommessa soddisfazione di Washington, che non ne era certo felice di un Alleato orientato verso Est.

Si potrebbe quindi pensare che, nella gestione di questi primi due anni della crisi ucraina, perlomeno per gli aspetti economici-finanziari, che comunque hanno forti riflessi anche su tanti altri settori, compreso quello militare, la chiave di lettura più vincente sia stata quella russa, che parrebbe essersi emancipata dalle vecchie dinamiche di un tempo. Una lezione che, tuttavia, la UE non sembra abbia ancora colto visto che, risucchiata ancora una volta dalla policy USA, sta continuando a perseguire la sua intransigente strategia sanzionatoria, con buona pace per i suoi consumatori.

Quell'Europa, che per millenni è stata il faro della cultura e la culla dell'innovazione e dei nuovi pensieri, non è in grado di comprendere che serve una nuova chiave di lettura per ridisegnare e ristabilire gli equilibri mondiali, perché il mero gioco del confronto di potenza è ormai sorpassato e, comunque, lei non se lo può permettere, a meno di continuare a sottomettersi.

Rispetto al passato, l'Unione Europea è indubbiamente molto più grande e annovera più Nazioni, in virtù della sua espansione verso est ma, paradossalmente, è molto più debole, perché la coesa unità di un tempo, che aveva radici profonde nel patto di pacificazione e nella ricostruzione post 2^ Guerra Mondiale, è stata compromessa dall'inserimento di Paesi con una diversa storia moderna, convissuta, nel bene e nel male, proprio con la Russia. Una diversità nota a tutti, sinora faticosamente contenuta, ma che il Primo Ministro ungherese Orban, attuale Presidente di turno della UE, con la sua visita a Putin di queste ore, farà probabilmente emergere in tutta la sua dimensione. Un evento questo le cui conseguenze in ambito Unione saranno tutte da verificare e potrebbero non essere positive, visto che ha già suscitato dissenso e malumore tra alcuni Paesi Membri. Però è indubbio che, nonostante tutto, costituisce il primo atto autonomo che l'Europa ha fatto negli ultimi due anni ma, soprattutto, è la prima azione che viene intrapresa nell'ottica di quella natura prudente e mediatrice, che ha sempre contraddistinto il Vecchio Continente.

Se si escludono i due contendenti, l'Europa è quella che sta soffrendo in maggior misura questa crisi, come mai le è successo dalla fine della 2^ Guerra Mondiale. Questa situazione non potrà durare a lungo, perché oltre a determinare l'aggravamento dei problemi contingenti, comporterà il serio rischio di minare fortemente il futuro delle prossime generazioni.

Urge una rigenerazione della capacità politica di saper individuare e perseguire nuove strategie, che si basino sull'oggettiva ed autonoma valutazione di quanto sta accadendo e si pongano l'obiettivo di conseguire una pace europea, ricordandosi che sia geograficamente che storicamente, la Russia ha sempre fatto parte del nostro Continente.

E' vero che gli Stati Uniti fanno parte del nostro mondo, politicamente e culturalmente. E' vero anche che il loro intervento salvò l'Europa dal dominio nazi-fascista. Ma probabilmente, è altrettanto vero che dobbiamo cominciare a pensare che, ormai, sono passati quasi ottant'anni e che il nostro debito morale lo potremmo anche considerare saldato. E per arrivare a questa svolta, chissà, potrebbe essere anche utile ricordare che la Russia, nella 2^ Guerra Mondiale, con i suoi 27 milioni di morti, di cui 18 di civili, fu la Nazione che pagò il prezzo più alto nella lotta al Nazi-fascismo.

Marcello Bellacicco