Attualità - 19 maggio 2024, 11:22

Appunti di storia. Il Santuario di Santa Maria Maggiore di Castelvecchio tra simboli ed enigmi

Una incisione ritrovata nel 1937 ricorda la vicenda giovane assalito alla gola da un branco di lupi il 15 aprile del 1383

Il Santuario di Santa Maria Maggiore di Castelvecchio Oneglia ha origini assai antiche. Secondo alcune fonti addirittura bizantine (se non precedenti) di quell’epoca e delle successive e molteplici  ricostruzioni medievali, anche a seguito delle incursioni saracene, restano solo alcune scarse tracce alla base del campanile.

Nel 1298 la città e la vallata furono vendute dal vescovo di Albenga ai Doria, che divennero consignori di Oneglia e dei siti viciniori, stabilendosi tuttavia in prossimità del mare. La Chiesa perse importanza tanto che le rovine per lungo tempo furono utilizzate come cave per il deposito di pietre.

Il sacro edificio fu ricostruito molto più tardi e precisamente verso il 1681 da GioBatta  Marvaldi di Candeasco. Nel secolo successivo, intorno al 1778 e poi ancora nel 1784, furono eseguiti numerosi interventi di manutenzione all’orologio, segnato dall’usura del tempo. 

Nel 1794 questo fu sostituito con uno nuovo, proprio quando le truppe napoleoniche occuparono Oneglia. Il campanile venne dotato di campana solo nel 1797, il manufatto era stato fuso in Arma di Taggia.

Santa Maria Maggiore divenne nuovamente chiesa parrocchiale soltanto nel 1840. L’11 novembre 1918 la popolazione, contenta per l’armistizio con la Germania, suonò con tale forza,  e con tanta insistenza, la campana al punto da incrinarla e così fu fatta rifondere.

Quando si parla di Castelvecchio, e in particolare del Santuario,  va ricordato un importante reperto del 1383 che si trova vicino ad un muro a secco, incustodito, quasi celato dalla vegetazione e poco noto alla maggioranza della gente. Il reperto di cui si tratta venne rinvenuto nel 1937 e lo si può incontrare lungo la Salita Castelli, il sentiero che porta appunto alla Chiesa di Santa Maria Maggiore.

L’incisione evoca un terribile episodio realmente accaduto, quello di un giovane assalito alla gola da un branco di lupi. La data è leggibile, mentre è meno interpretabile l’iscrizione successiva, incisa in caratteri gotico-italiani piuttosto originali nel loro genere.

L’iscrizione, per quanto parziale, ricorda chiaramente che l'evento si registrò il 15 aprile del 1383. Compare anche il nome della famiglia del malcapitato ,“Irvus” , che non sembra essere però diffuso da queste parti.

Il Bassorilievo dell’Aquila, invece, oggi è murato esternamente, nella parete ovest del Santuario. Sull’origine di questa lapide sono state formulate  diverse ipotesi. L’ipotesi, forse più attendibile, è quella che rappresenti lo stemma della famiglia di Babilano Doria che acquistò Oneglia nel 1298 (ne esiste ancora l’atto di vendita), prima dell'avvento del dominio di casa Savoia, anch'esso sancito da un rogito notarile sottoscritto dall'esponente dei Doria locali appunto ancora allora al potere.

L’ipotesi, sostenuta dagli storici Giuseppe Maria Pira e Giuseppe Figari, nei loro testi dedicati ad Oneglia, fa cenno pure al ritrovamento, con riferimento peraltro discutibile, di un’urna contenente le ceneri dell’Imperatore Elio Pertinace nel luogo in cui, poi, sorse Oneglia. 

La lapide avrebbe adornato in seguito la tomba dell’Imperatore. L’aquila è rappresentata con una corona in testa e un solo artiglio. In zona si trova altresì la cosiddetta lapide del Vescovo, iscrizione che è posta nella facciata della Chiesa e segna la memoria della costruzione della Torre, oggi campanile, da parte del Vescovo Lanfranco che la fece erigere sulle antiche rovine di Castelvecchio, rovine che risalirebbero ad un antico castello, a sua volta sede di un oppidum romano, che insisteva su precedente fortezza ligure ingauna.

Pierluigi Casalino