Approvato, con diciotto voti favorevoli e dieci contrari, il punto all'ordine del giorno "Acquisizione partecipazione azionaria nel capitale sociale di Rivieracqua S.p.A. mediante conversione del credito derivante dall'accordo di ristrutturazione - Approvazione bozza di Statuto e Patti Parasociali della società mista Rivieracqua S.p.A.".
GLI INTEVENTI
Il sindaco Claudio Scajola: “Dal 2018 non mi sono mai stancato di definire Rivieracqua un bidone, leggendone lo statuto si capiva che la società non poteva funzionare. Il riferimento non è alle capcità tecniche di alcuni che sono in Rivieracqua, ma al sistema di organizzazione della società dove ci sono un numero spropositato di impiegati e un numero limitatissimo di tecnici, dove non si riescono a riparare le falle continue dell’acquedotto perché l’organizzazione è assolutamente deficitaria.
Il dovere di un amministratore è cercare di aiutare, io voglio non far fallire Rivieracqua. Ho lavorato come sindaco con i miei collaboratori e con la mia maggioranza perché si potesse mettere un primo tappo. Abbiamo aderito a Rivieracqua aiutando i suoi conti venendo incontro alle esigenze collettive, di evitare ci fossero 500 fallimenti che sono i creditori delle piccollissime imprese del territorio che sarebbero crollate. L'ex commissaria Gaia Checcucci ha cercato di evitare fallisse, non passò il concordato perché con l’ingresso del comune di Imperia era non più necessario un concordato perché si riteneva, secondo il Tribunale di Imperia, che si potesse rientrare nel debito. Il tribunale ha deciso che la società potesse fare un piano con i creditori, un piano approvato dall’86 per cento dei creditori.
Se la società fallisse il tribunale fallimentare arriverebbe a due conclusioni: i 5 milioni e mezzo che tramutiamo in azioni all’interno della società diventando il primo socio sparirebbero poi la società andrebbe a gara privata.
L’acqua è pubblica ma non è pubblica la sua gestione e questo è nelle leggi. Io spero, ma non sono sicuro che ciò sia sufficiente a evitare i fallimento di Rivieracqua, da quello che abbiamo valutato tutti i sindaci della provincia, tutti i consulenti questa è l’ultima via che ci rimane”.
Scajola ha, poi ricondotto le responsabilità della situazione attuale anche al mancato ingresso, a suo tempo, dei comuni di Sanremo e Imperia.
Deborah Bellotti (Partito Democratico): “Noi crediamo nel principio per cui non si possa trarre profitto dalla gestione di un bene primario. La volontà popolare si è espressa con il referendum del 2011 perché l’acqua sia un bene pubblico e da essa non si tragga profitto. Noi crediamo che Rivieracqua può essere un’azienda che a regime potrebbe camminare con le proprie gambe e potrebbe risanare il debito senza l’apporto di capitali privati. Un soggetto privato porterebbe investimenti, ma vorrà anche degli utili, sicuramente spingerà per rincari per rientrare negli investimenti, porterà un impoverimento del territorio”.
Luca Volpe (Insieme): “Non siamo noi che abbiamo portato Rivieracqua ad essere un bidone, ma la sinistra, noi stiamo cercando di portarla fuori da questa situazione. Dal punto di vista personale apprezzo questa pratica. Il Comune di Imperia si assume la responsabilità di essere guida nel fare uscire Rivieracqua da questo sistema. Dobbiamo chiedere al privato che faccia un investimento. Il Comune di imperia ha una percentuale maggiore rispetto agli altri comuni e questo è un merito”.
Luciano Zarbano (Imperia senza padroni): “Il nuovo statuto consentirà di indire una gara europea per selezionare un socio privato che porterà 30 milioni di euro come capitale sociale e 10 milioni a titolo di prestito. Il socio privato ha attività principale in Liguria e in particolare a Genova? Ci auguriamo che questo dettaglio venga cambiato con Imperia per non dare sospetti di precostituzione di gara”.
Matteo Fiorentino (Prima Imperia): “Il fallimento della società porterebbe al collasso di oltre 500 aziende creditrici. Da considerare che il fallimento aprirebbe alla strada all’affidamento dell’intero servizio idrico a una gestione interamente privata. Abbiamo la possibilità di salvare al società tutelare il servizio e i creditori con l’ingresso del socio minoritario”.
Enrico Lauretti (Società Aperta): “Rivieracqua poteva funzionare, il management c’era e credo molto nel management pubblico, se scelto bene. Purtroppo, Rivieracqua, ha incontrato ostilità di comuni che dovevano entrare subito in Rivieracqua e adeguare la tariffa, ora non avremmo debiti, Rivieracqua funzionerebbe e sarebbe interamente pubblica”.
Giovanni Montanaro (Avanti): “La più grande responsabilità ii questa situazione è l’inerzia di alcune amministrazioni”.
Lucio Sardi (Alleanza Verdi Sinistra): “Stiamo mettendo la pietra tombale sull’acqua pubblica in questa provincia. L’operazione è stata fatta con la nomina di un commissario ad acta, Gaia Checcucci, piazzata dal presidente Toti che ha portato in soli due mesi 35 sindaci a votare per l’ingresso del privato in Rivieracqua. Rivieracqua si può salvare, delle procedure sono state portate avanti, è nelle condizioni di pagare i debiti e i fornitori non far fallire nessuno con le proprie forze e noi facciamo entrare il privato. Ci sono creditori che hanno contrastato questa operazione e hanno chiesto l’amministrazione straordinaria che salverebbe il servizio pubblico”.