Parlare di terrorismo è probabilmente una delle cose più difficili, perché si tratta di un terribile fenomeno che talvolta riesce a sfuggire anche alle sue stesse regole, ammesso che ne abbia. E' ancor più difficoltoso farlo in un momento in cui la scena internazionale è complicata da due conflitti in atto, come la guerra russo-ucraina e l'attacco a Gaza, in grado di provocare un rischioso scontro tra le potenze mondiali.
Tuttavia, l'attentato di Mosca dello scorso 22 marzo sembra costituire la tragica conferma delle previsioni di alcuni analisti, che avevano sostenuto che le organizzazioni jihadiste stessero approfittando dell'attuale situazione, per riprendere vigore in tutta l'area mediorientale, sino all'Afghanistan e all'Asia.
Una vasta area di grande instabilità intrinseca, in cui la minaccia terroristica da sempre trova l'ambiente ideale per giocare il suo ruolo di ulteriore fattore destabilizzante come, d'altra parte, si stava verificando già da qualche tempo, nel quasi totale disinteresse della Comunità Internazionale.
Infatti, c'è voluta la strage del “Krokus” per riportare prepotentemente l'attenzione di tutti sul pericolo del terrorismo, perché gli attentati fatti negli anni scorsi, avendo prevalentemente provocato “morti islamici”, non avevano solleticato l'impatto emotivo di una Comunità Internazionale che, purtroppo e ipocritamente, non garantisce lo stesso peso specifico a tutti i morti.
Invece, l'attacco di Mosca ha portato alla ribalta della notorietà anche il suo esecutore, quel gruppo terroristico ISIS Khorasan, di cui gran parte dell'opinione pubblica ignorava l'esistenza.
Infatti, sino a qualche anno fa, poteva essere noto il nominativo ISIS, quella organizzazione islamica di stampo jihadista, attiva dal 2010 che, raccogliendo l'eredità di Al Qaeda, era diventata famosa non solo per tutti gli attentati di cui si era macchiata, ma anche perché era riuscita a creare, a cavallo tra Siria, Iraq e Kurdistan, un proprio Stato in un territorio di circa 100 mila km2 (poco più del Portogallo), governando quasi 12 milioni di persone. Dal 2014 al 2017 l’ISIS si comportava proprio come un Governo statale, con una propria burocrazia, che emetteva certificati di nascita, passaporti e targhe, controllava i prezzi dei mercati e aveva istituito tribunali, che processavano rigorosamente secondo la sharia.
L'espansione e l'affermazione di questo Califfato non lasciò indifferente la Comunità internazionale e, soprattutto, gli Americani, nemici prioritari per l'ISIS, che da Al Qaeda aveva ereditato anche questo odio atavico. Sotto la guida del Presidente Obama, venne creata una Coalizione Internazionale, a cui parteciparono direttamente Francia, Regno Unito, Australia, Canada, Giordania e Marocco (l'Italia aderì con un supporto economico e militare), la quale appoggiò le formazioni militari del Movimento curdo, che fece il cosiddetto “lavoro sporco” di combattimento, anche perché il territorio islamizzato era praticamente quello della sua rivendicazione di autonomia.
Alla capitolazione dello Stato dell'ISIS contribuirono anche Russia e Iran, ma con operazioni separate da quelle della Coalizione, in quanto appoggiavano soprattutto le operazioni delle unità siriane di Bashar al Assad.
Con la liberazione ad ottobre 2017 della città di Raqqa, considerata la capitale del Califfato e la fuga della massa dei miliziani sopravvissuti, iniziò il rapido declino dell'ISIS, come protagonista del terrorismo internazionale e le sue tracce sembrarono sparire dai radar dell'attenzione mediatica occidentale.
Tuttavia, come detto, il terrorismo è un fenomeno veramente difficile da decifrare e, soprattutto, da contrastare perchè, pur operando su un piano che presuppone un'organizzazione militare e l'uso della forza, se non della violenza, non sono utilizzabili mentalità, criteri e procedure che si adottano in un conflitto.
In tale contesto, spesso accade che, di fronte ad un attacco terroristico, possano sembrare chiare le cause e gli effetti, i mandanti e gli esecutori, ma poi la realtà dei fatti, che quasi sempre si rivela dopo molto tempo, discredita completamente ciò che sembrava pressoché certo.
Un esempio calzante ed eclatante riguarda proprio gli stessi Stati Uniti, che agli occhi del mondo si pongono come primi cacciatori del terrorismo. Alla fine degli anni '70, in Afghanistan utilizzarono i jihadisti come loro alleati contro l'Unione Sovietica, cioé gruppi formati da islamisti radicali, odiatori seriali della cultura occidentale, tra i cui capi e finanziatori spiccava il nome di Osama bin Laden. Proprio colui che, da nemico dei Russi in Afghanistan, divenne l'uomo più odiato e ricercato dagli Americani, con il supporto dei Russi.
Tornando all'ISIS, si osserva che il suo padre fondatore Al Baghdadi era detenuto nelle prigioni degli USA, perché durante l'intervento della Coalizione a guida americana in Iraq nel 2003, si era schierato contro le forze regolari irachene ed internazionali, anche presiedendo un tribunale religioso che rapiva, giudicava e giustiziava intere famiglie non allineate all'integralismo. Gli Americani lo liberarono nel 2004, in quanto un'apposita Commissione (Combined Review and release Board) ne raccomandò il rilascio incondizionato, perché giudicato “prigioniero di basso livello”. Solo 6 anni dopo veniva nominato “Califfo” dello Stato islamico dell'ISIS.
Pertanto, è possibile affermare che il terrorismo possiede una capacità di autorigenerazione che, peraltro, viene spesso catalizzata, con finanziamenti e risorse, da insospettabili agenti esterni, che lo utilizzano per le loro finalità contingenti.
Ragionando su questa lunghezza d'onda, si arriva all'ISIS Khorasan che è assurto all'attenzione internazionale, soprattutto, con l'attacco a Mosca. Questo gruppo, che ha cominciato a costituirsi nel 2014 in Afghanistan, quale costola dell'ISIS, nei suoi primi anni di vita è stato protagonista di fatti di sangue nei territori afghani e pachistani, per poi spostare la sua attività di morte anche in altre aree islamiche. I loro più recenti attentati sono stati fatti addirittura in Iran, tra cui l'ultimo rivendicato è stato quello del 3 gennaio scorso, con 100 morti causati durante una cerimonia di ricordo del Generale iraniano Soleimani, ucciso da un drone americano a Baghdad (2020), ma che aveva combattuto contro l'ISIS per fermarne l'avanzata verso l'Iraq.
Perchè ISIS Khorasan? Khorasan era il nome di un'antica regione persiana che comprendeva aree che attualmente fanno parte dell'Iran, dell'Afghanistan, del Tagikistan, del Turkmenistan e dell'Uzbechistan, in cui ci sono anche storiche città dell'antico Regno persiano, tra cui i centri afghani di Herat, Kabul, Ghazni e Balkh. Questa regione ha dato nome a questa costola dell'ISIS, perchè Abu Musab al Zarqawj, già numero 2 del Califfato e capo di Al Qaeda in Iraq, cominciò ad aggregare nelle province occidentali dell'Afghanistan, anticamente appartenenti al Khorasan, i gruppi jihadisti, che andavano formando il nuovo movimento terroristico.
L'attuale ISIS-K è quindi il risultato di anni di coagulazione di dissidenti di gruppi estremisti wahhabiti, cioè delle frange più intransigenti degli interpreti più rigidi del Corano, che il mondo islamico conosca. Integralisti che non hanno problemi a colpire propri correligiosi, se ritenuti troppo moderati.
Sono affiliati all'ISIS-K di oggi molti fuoriusciti dal movimento talebano (Haqqani e Hezb-e-Islami), estremisti del Movimento islamico e gruppi terroristici esterni all'Afghanistan, principalmente provenienti dal Pakistan (Tehreek-e-Taliban Pakistan, Lashkar-e-Taiba e Jaish Mohammad) e dall'Asia centrale e cinese, (Movimento islamico dell'Uzbekistan, gruppo Ansarullah del Tagikistan, Movimento del Turkestan orientale kazako e Uiguri cinesi). Un “condensato di brava gente” che ha trovato il proprio riferimento in nuclei formati da arabi ex appartenenti ad Al-Qaeda e al già citato Califfato dell'ISIS, che si riteneva sconfitto ed azzerato nel 2017.
Per ora ci si ferma qui ma, purtroppo, la sensazione è che si potrebbe dover tornare a trattare argomenti riguardanti l'ISIS – K. E' vero che, sinora, ha rivolto le sue sanguinose attenzioni al mondo islamico considerato nemico, come l'Iran o verso nemici storici come la Russia, che in Cecenia non esitò ad usare mano durissima verso le minoranze musulmane. Ma non bisogna assolutamente sottovalutare che l'attuale situazione internazionale soffre di un conflitto a Gaza, che sta versando tanto sangue palestinese, un richiamo sempre più forte verso quella via della vendetta, che gruppi islamici come Hezbollah e Houthi stanno già percorrendo. L'ISIS-K potrebbe non resistere alla tentazione di unirsi alla missione punitiva, utilizzando la strategia terroristica che meglio conosce, con attentati che potrebbero non risparmiare anche l'Europa.