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Sport | 15 marzo 2024, 07:11

Giuseppe Perletto: "Quella volta che persi la Sanremo per... 'colpa' di Saronni"

Stefano Sciandra intervista il campione di Dolcedo sulla strade della Classicissima

A sinistra Beppe Perletto con il nostro Stefano Sciandra

A sinistra Beppe Perletto con il nostro Stefano Sciandra

E' sempre un piacere incontrare Giuseppe Perletto. Classe 1948, Perletto rimane l'unico esponente del ciclismo imperiese capace di ottenere risultati di rilievo nel panorama dello sport delle due ruote.

Nativo di Dolcedo fu proprio sulle sue strade a far capire che avrebbe recitato un ruolo importante nella disciplina. Dopo un secondo posto nel Giro d'Italia dilettanti 1971, alle spalle di un certo Francesco Moser, fu professionista dal 1972 al 1979

Ha ottenuto in carriera undici successi e innumerevoli piazzamenti con le maglie di Zonca, Sammontana e Magniflex, tra cui tre tappe al Giro d'Italia e una alla Vuelta de Espana.

I riflettori si accesero il 30 maggio 1974 con la prima importante vittoria nella quattordicesima tappa del Giro d'Italia, quando sulle sue strade si impose nella Pietra Ligure-Sanremo dopo una fuga assieme a Vladimiro Panizza, precedendolo poi al traguardo.

Sempre al Giro vinse la Conegliano-Col Drusciè nel 1977 e la Mezzolombardo-Sarezzo nel 1978. Una tappa alla Tirreno-Adriatico del 1976 e il successo nel Giro di Toscana nel 1978 davanti a Pierino Gavazzi restano tra le chicche del suo palmares.

Ma la miglior stagione in assoluto fu quella del 1975 quando chiuse il Giro d'Italia al quinto posto nella classifica generale nell'edizione vinta da Fausto Bertoglio davanti a Francesco Galdos e Felice Gimondi. Indimenticabile il secondo posto nella Cronoscalata del Ciocco vinta da Bertoglio e il terzo posto nella Alleghe-Passo dello Stelvio dietro Galdos e lo stesso Bertoglio

Beppe, di Milano-Sanremo ne hai disputate diverse, quel è il tuo ricordo più bello della Classicissima? 


"Ho partecipato a 8 edizioni. Quella del 1977, vinta dall'olandese Jan Raas resta nell'album dei ricordi. Ero andato in fuga a Imperia assieme ad alti tre corridori. L'azione proseguì sino al Poggio, (allora non c'era ancora la Cipressa, n.d.r.). dove fummo raggiunti da Saronni e da Raas. In quel frangente Raas rilanciò nuovamente, prendendo tutti in contropiede. Io controllavo Saronni che pensavo ne avesse di più e quell'esitazione fu fatale. Nonostante tutto ripartii a mia volta staccando Saronni e facendo la discesa da solo per essere ripreso a un chilometro e mezzo dall'arrivo dal gruppo. Un vero peccato per il piazzamento mancato, anche se alla fine conta solo vincere. Una situazione analoga, tra l'altro si verificò al Giro di Lombardia 1974, dove però chiusi quarto dietro a De Vlaeminck, Merckx e Tino Conti.

L'epilogo della corsa è praticamente una fotocopia da molti anni, con volatone finale, secondo te si potrà rivivere un giorno una edizione dal sapore di una volta?  “Credo sia impossibile. Mancano le asperità. Le fughe non vanno mai a buon fine. Le squadre sono fortissime. Si è cercato di introdurre novità come la Cipressa o la salita de Le Manie ma la lunghezza della corsa alla finisce per regalare esiti in volata. I tempi dell'impresa di Dancelli nel 1970 sono lontanissimi”

Tadej Pogačar dopo l'exploit alle Strade Bianche tenterà di aggiungere un prestigioso alloro al suo palmares, pensi possa fare sua anche la Sanremo? “Se vuole vincere credo debba tentare una soluzione di forza dalla distanza. Uno scatto rabbioso sulla Cipressa, ma non sarà facile. Ci sono tanti corridori forti, ci saranno i velocisti, ad esempio Philipsen, poi da tenere d'occhio....

Beppe, in provincia mancano da troppo tempo corridori capaci di fare sognare i tifosi. Oggi abbiamo Nicolò Garibbo, lo scorso anno miglior dilettante italiano e quest'anno alla Technipes per giocarsi una grande opportunità.Da cosa dipende secondo te la carestia di talenti? “La nostra logistica non aiuta. Mancano le strade per fare allenamenti mirati. Magari le società ci sarebbero, ma la costa è inaffrontabile per prepararsi. La situazione negli anni è mutata, ci sono decine di semafori, il traffico è caotico, alla fine bisogna buttarsi nell'entroterra. Toscana, Lombardia,Veneto hanno una morfologia diversa e molto più adatta. Garibbo, con il quale c'è anche un vincolo di parentela, è un ragazzo molto promettente, spero davvero possa arrivare a essere protagonista”.

Tu hai vissuto un ciclismo molto diverso da quello odierno. Quali sono le differenze principali tra ieri e oggi? “E' cambiato un po' tutto. Dalle biciclette, alla tecnologia, all'abbigliamento, alla preparazione che è certosina, direi maniacale, attenta a ogni dettaglio. Un elemento che non mi piace è l'eccessiva computerizzazione, l'estremizzazione dei watt, che ai miei tempi proprio erano fantascienza, come la radiolina che porta a una condotta di corsa anche vincolante togliendo un pizzico di poesia. Quando foravi negli anni in cui correvo io, si alzava il braccio per richiedere l'intervento dell'ammiraglia adesso si è in contatto auricolare h 24. Un cambio generazionale a 260 gradi su tutto, ma il ciclismo resta un grande sport, sport puro per eccellenza, emblema della fatica. Buona Milano-Sanremo a tutti”.

Stefano Sciandra

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