La corsa al posto fisso nella scuola è iniziata. Con centinaia di giovani e meno giovani rivieraschi che, proprio in questi giorni, si sono presentati al concorso per conquistare una cattedra come docente nelle scuole dell’infanzia, nelle elementari, nelle medie o nelle superiori.
Nella nostra provincia le domande di partecipazione sono state circa 200 per candidati aspiranti al posto per l’infanzia e nelle elementari mentre sono stati 130 i pretendenti per la conquista a salire in cattedra nelle medie o nelle medie superiori.
Forse appaiono come “quantità” di poco conto ma se valutano nel contesto della popolazione giovanile e soprattutto disoccupata del nostro ponente allora assumono una valenza ben più importante. Il tessuto economico della provincia, infatti, non offre grandi opportunità di lavoro per cui per i giovani e meno giovani in cerca di una prima occupazione non rimane che una sola possibilità: l’impegno lavorativo nel settore pubblico e, in particolare, nell’istruzione.
D’altronde, in ambito nazionale, questo concorso assume differenti connotazioni numeriche: in questo caso i candidati sono 69 mila nell’infanzia e nella primaria e 303 mila nelle medie di I e II grado a fronte di quasi un decimo dei 44.654 posti a disposizione.
Ma una disposizione ministeriale, malamente strutturata nella forma più che nella sostanza, ha creato polemiche e discussioni. Il caso, a quanto pare, è sorto in relazione alla realtà dei candidati ovvero per la maggior parte – pare il 60 per cento – di genere femminile mentre ai maschi rimarrebbe il resto minoritario.
Allora, a parità di punteggio, sarebbero le vincitrici donne a dover rinunciare a qualche cattedra per pareggiare i conti.
Comunque, al di là di difficile “equilibri” di genere, dopo anni di carenze in tutti i settori della scuola pubblica, come sta avvenendo anche nel settore sanitario, le prossime assegnazioni potrebbero forse ridare l’efficiente valenza culturale necessaria per il futuro dell’Italia.