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| 25 novembre 2023, 07:21

Alberto Scagni pestato in carcere a Sanremo, parla il garante dei detenuti: “Lo Stato non è riuscito a garantirgli l’incolumità”

E poi, sulla situazione del carcere di valle Armea: “Ha tante criticità, stiamo lavorando a un patto con il Comune”

Il carcere di Sanremo in valle Armea

Il carcere di Sanremo in valle Armea

La violenta aggressione subita all'interno del carcere di Sanremo da Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi per l'uccisione della sorella Alice, ha riportato alla luce la delicata tematica del sovraffollamento degli istituti penitenziari e della difficile gestione dei detenuti protetti. Scagni, infatti, è stato violentemente pestato nonostante fosse rinchiuso in un’ala dedicata ai casi maggiormente delicati. Ancora non si sa quale sia stata la scintilla, ma il risultato è stato il pestaggio da parte dei due compagni di cella che lo hanno ripetutamente colpito con sedie e sgabelli oltre a ferirlo con un'arma da taglio.

Mentre Alberto Scagni è ancora ricoverato in coma farmacologico all’ospedale ‘Borea’ di Sanremo, nel mondo carcerario è il momento delle riflessioni sulla gestione di istituti che da anni presentano evidenti problemi di sovraffollamento e una cattiva gestione dei detenuti maggiormente problematici. Il carcere di Sanremo, nello specifico, è spesso balzato onori delle cronache per diversi episodi di violenza.

In merito all’episodio di Scagni e sulla situazione generale del carcere matuziano interviene ai microfoni di SanremoNews Doriano Saracino, garante dei detenuti in Liguria.

Lunedì sarò a Sanremo per raccogliere gli elementi in prima persona più da vicino - commenta Saracino - la prima preoccupazione è per la salute di Scagni perché lo Stato non è riuscito a garantirgli l’incolumità. Abbiamo già avuto un primo episodio a Marassi con un compagno di cella che lo ha riconosciuto in un programma televisivo e penso che la stessa cosa sia successa a Sanremo. questo ci deve fare riflettere sulla mediatizzazione delle persone, fermo restando che il diritto di cronaca è sacrosanto ed è giusto informare e sensibilizzare l'opinione pubblica sui reati contro le donne come è stato quello di Scagni. Ora mi pongo la domanda: che cosa succederà a Turetta? Cosa impariamo come lezione? Il rischio è la violenza da parte di altri detenuti nel momento in cui si mettono insieme persone che hanno un certo tipo di profilo criminale”.

In Liguria abbiamo una sezione protetti dove ci sono solamente autori di reati a sfondo sessuale - aggiunge Saracino - mentre sono sezioni promiscue quelle per le persone persone che vengono protette per delitti diversi come, per esempio, quello di Scagni. Poi c'è il problema del sovraffollamento della sezione protetti che richiederebbe una particolare attenzione. Non va bene rinchiudere quattro persone nella stessa cella. Come garante mi sento di provare a interloquire con l'amministrazione penitenziaria per un miglioramento nel sistema anche se a oggi la direttrice del carcere di Sanremo non mi ha ancora risposto. Come vengono gestiti gli allarmi? C'era un allarme? Funziona? Come funziona? In alcune carceri ci sono allarmi solamente visivi con una spia rossa sopra la cella senza alcun suono e nessun allarme sonoro nel gabbiotto dove sono gli agenti della penitenziaria. Gli altri detenuti in cella fanno da deterrente contro il rischio di suicidio, ma in questo caso non era il solo rischio, c'era anche l'ipotesi dell’aggressione. Serve un protocollo per la gestione di queste situazioni che rischiano di essere sempre più frequenti. Cioè poi la questione della comunicazione degli eventi critici. Chi parla alla famiglia? Che assistenza viene data? Dobbiamo umanizzare il carcere. Nel caso di Scagni abbiamo una persona condannata a 24 anni e 6 mesi che poi dovrà scontare un’ulteriore parte della pena in una Rems. Che senso ha stare prima 24 anni in un carcere poi una struttura di cura? Viene curato dopo 24 anni? Che senso ha? Abbiamo un problema di cura delle persone, non si può pensare di curare la malattia psichiatrica in carcere e non si può fare in un carcere come quello di Sanremo che ha tante criticità. È un sistema che non funziona”.

Sto chiedendo al Comune una sorta di patto per il carcere di Sanremo per farsi carico insieme di una situazione difficile e con pochi operatori - conclude il garante per i diritti dei detenuti - c'è stato un bando per l'assunzione di mediatori culturali da parte del ministero e, se ho ben capito, il carcere di Sanremo è l'unico che non ha avuto una risposta perché le persone hanno preferito sedi meno disagiate. Si possono ipotizzare locali o spiagge sociali? In diverse città esistono ristoranti in parte gestiti da detenuti. Se vogliamo fare una cosa così in zona dobbiamo iniziare a lavorarci adesso. Vogliamo fare qualcosa per quel pezzo di città? C'è poi la questione sanitaria. La Asl sta facendo controlli sulla sulla qualità della dell’acqua? Chiudendo in merito alla questione di Scagni, dopo la dimissione dall'ospedale penso che verrà trasferito e bisognerà trovare una soluzione diversa pensando anche alle cure”.

Pietro Zampedroni

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