Un patrimonio di ricordi, profondamente radicati nella memoria dei liguri. Questo il significato e il messaggio del tradizionale appuntamento di Olioliva. Giovanni Boine cantava che "Il prato diventò uliveto, il campo uliveto, la vigna uliveto, il bosco in alto faticosamente, dolorosamente, tenacissimanente uliveto".
Una fatica non sempre ben corrisposta da elementi naturali e da congiunture socioeconomiche. L' ulivo e la sua tradizione non bastano più a rinnovare un fascino che sembra rimasto, sotto molti aspetti, solo tale. Si seminava per i figli e per i nipoti, si coltivava una pianta generosa nel dare quanto avara nel crescere.
Molto è cambiato per costi e risultati, ma il rito della raccolta, spesso rinviato oltre i mesi autunnali, quando possibile, vive ancora nei gesti misurati e intelligenti della nostra gente quale testimonianza della vitalità di una cultura: una cultura che, fortunatamente, non è ancora spenta, se pur meno valorizzata, suo malgrado, a causa di complessità non certo riconducibili a chi si batte per conservarla. Olioliva cerca ogni anno di far sentire ad Imperia quelle molte voci che rischiano di non essere compiutamente ascoltate dal mercato globale.
I successi normativi della taggiasca, del resto, non sono più sufficienti ad aprire le porte del mercato, per il progressivo ridimensionamento della produzione, ma anche e soprattutto per una concorrenza che riesce ormai a coltivare la taggiasca fuori dei suoi confini naturali.
Qui si entra in un discorso difficile, che si rinvia agli addetti ai lavori. Speriamo solo che il fattore qualità sia l' auspicabile meta della manifestazione olivicola che fa di Imperia una delle più importanti capitali dell'oro verde.