L’amianto, che è sinonimo di asbesto, è stato ampiamente utilizzato nella cantieristica navale, e quindi dalla Fincantieri, azienda leader nella produzione, anche nelle stesse navi militari. L’ONA e lo stesso Avv. Ezio Bonanni hanno in più occasioni ribadito la necessità di portare a termine le bonifiche, e tutelare le vittime. Questa esigenza è emersa in modo particolare per quanto riguarda le unità navali della Marina Militare Italiana, alcune realizzate proprio presso gli stabilimenti di Fincantieri S.p.A.
Il più antico cantiere navale è quello di Castellammare di Stabia, presso il quale sono state realizzate alcune delle navi ammiraglie della Marina Militare Italiana. L’Avv. Ezio Bonanni e lo stesso Osservatorio Nazionale Amianto hanno da tempo avviato un percorso di sensibilizzazione del Ministero della Difesa, perché si proceda ad ultimare le bonifiche.
«Esprimo piena fiducia nel Ministro della Difesa, On.le Crosetto, perché sia portato a termine anche la tutela delle vittime, anche alla luce delle più recenti sentenze di condanna, emesse anche a carico della Fincantieri. Così per non parlare delle condanne a carico del Ministero della Difesa, anche al riconoscimento dello status di vittima del dovere. Quello della tutela delle vittime è un tema fondamentale dell’ONA, in particolare per i casi di mesotelioma. Quello dei mesoteliomi, per le vittime del dovere, è un punto chiave fondamentale» - così dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’ONA.
I diritti delle vittime dell’amianto e la loro tutela legale sono centrali, poiché è proprio dagli accertamenti e dalle condanne che discende il punto chiave che induce alla bonifica e messa in sicurezza.
Perciò, proprio per la tutela legale va detto che l’asbesto è stato molto diffuso, e il suo utilizzo si è moltiplicato a partire dalla seconda guerra mondiale, dalle macchine a vapore, ai vagoni ferroviari, e soprattutto nelle navi. Così nella marineria civile, come in quella militare, l’impiego dell’amianto si è rivelato eccessivo e privo di cautele. La stessa messa al bando con la L. 257/92 non ha costituito lo strumento di effettiva tutela, perché vi erano delle deroghe proprio per l’uso dell’amianto nella navigazione marittima. Hanno pesato anche le incertezze delle direttive comunitarie e la lobby degli armatori e degli Stati.
Nonostante la messa al bando dell’asbesto sia avvenuta con la legge 257 del 1992, ancora il settore navale, così come molti altri, non è considerato sicuro, non solo per i ritardi nelle bonifiche e messa in sicurezza delle navi, ma anche per le numerose persone che, prive di misure di precauzione, hanno prestato servizio a bordo e sono stati esposti alla fibra killer. Hanno così subito gravi danni alla propria salute.
Ne è un esempio la tragica storia dell’operaio e carpentiere che aveva lavorato per più di trent’anni nei cantieri di Ancora di Fincantieri S.p.A., azienda italiana operante nel settore della cantieristica navale. È stato vittima prima di asbestosi, poi di un grave carcinoma polmonare, che lo ha condotto alla morte nel 2017.
Oggi la famiglia ha finalmente ottenuto giustizia grazie all’azione dell’Osservatorio Nazionale Amianto e del suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni. L’associazione ha prima di tutto ottenuto il riconoscimento da parte dell’INAIL, con la liquidazione della rendita in favore della vedova e del Fondo Vittime Amianto, e poi ha chiesto alla Fincantieri il risarcimento del danno, in quanto responsabile della morte dell’operaio. Il Tribunale di Ancona, Sezione Lavoro, ha così recentemente condannato l’azienda a risarcire più di 600mila euro ai familiari. In particolare alla vedova spetteranno 224mila euro di risarcimento, cifra che comprende sia i danni richiesti come erede sia quelli sofferti personalmente. Ai due figli invece sono liquidati 183.500 euro ciascuno. Infine ai quattro nipoti spettano 12mila euro ciascuno.
«Siamo di fronte all’ennesima condanna a carico di Fincantieri – ha dichiarato l’avvocato Bonanni -. Se il datore di lavoro avesse rimosso l’amianto o dotato la vittima di maschere protettive e rispettato le altre regole cautelari, la patologia non sarebbe insorta o si sarebbe presentata successivamente, aumentando la sopravvivenza della vittima e permettendogli di passare maggior tempo con la propria famiglia».
Infatti non è la prima volta che ex lavoratori dell’azienda ottengono il riconoscimento dei propri diritti a seguito dei danni subiti alla propria salute. Non solo nei cantieri di Ancora ma anche in quelli di Castellammare di Stabia i dipendenti sono stati esposti alle fibre di amianto. Ne è la prova il tragico destino di un operaio addetto alla coibentazione di 73 anni, deceduto a causa di un mesotelioma nel 2016.
Fincantieri, all’epoca, si rivolgeva alla Sait di Napoli per lavori di coibentazione in cui veniva utilizzato amianto. Tuttavia il lavoro avveniva senza strumenti di prevenzione tecnica e protezione individuale. Il Tribunale di Torre Annunziata ha così deciso di condannare sia la Sait sia Fincantieri, che aveva impiegato la sua manodopera per anni. La condanna è stata poi confermata in Corte d’Appello. La moglie e i figli hanno ottenuto un risarcimento milionario, grazie all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA.
«Non è il diritto penale che può risolvere il problema amianto – continua Ezio Bonanni -. Il problema si risolve con la bonifica e la messa in sicurezza dei siti contaminati. E con l’azione politica». Coloro che hanno viaggiato in mare e coloro che sono stati dipendenti di Fincantieri possono comunque contattare il numero verde dell’ONA, 800 034 294, per la relativa tutela.