Racconti, tracce, oggetti, realtà mute, di cui ritrovare il suono, istanti dispersi nella dimenticanza, vicende, tradizioni, filtri, fotografie sbiancate dal tempo: ogni cosa contribuisce a dire l'unicità, infungibile, di un vissuto che si ritrova per azzardo o per la tenace spremitura del ricordo: da tale panorama emergono esistenze sempre più sottili, più inconoscibili: più cose sappiamo di loro, meno riusciamo a riconoscerle.
Forse non è sbagliato dire che i più belli dei loro giorni non sono stati ancora vissuti e neppure potranno più essere vissuti, perché già finiti. Sono queste le storie di chi vive nell'ombra e nell'ombra scompare, ignorando quale sia, in fondo, la propria vera identità.
Nella Riviera di Ponente questo genere di affreschi è la speciale parte di un mondo che naturalmente lo comprende e trova in esso, rispetto ad altri ambienti, una sintonia quasi naturale e perfetta, il mondo dello spionaggio e del controspionaggio. Tutto comincia con una curiosità non definibile, i cui interpreti sono prevalentemente uomini, ma non mancano donne come Laura D'Oriano, padrona di molte lingue e al servizio degli inglesi, la cui vita si è conclusa davanti al plotone di esecuzione.
Per ogni spia avveduta esistono sempre spie improvvisate e arruffone, autentici dilettanti lanciati allo sbaraglio come Antonio Nunnari, il nome di copertura di quel Barillà, di cui si è parlato la settimana scorsa, al servizio dei francesi.
Entrambi, D'Oriano e Barillà, entrano in Italia da valichi clandestini tra la Francia e la Liguria occidentale, ma vengono intercettati subito dal controspionaggio italiano grazie ad informatori di stanza a Nizza e a Marsiglia. La donna finirà fucilata, stessa sorte di Barillà