Gli psicologi militari sono stati finalmente equiparati ai medici e potranno svolgere la libera professione. Questo in deroga al principio di esclusività vigente per i dipendenti della pubblica amministrazione, al pari di quanto già previsto per i medici. Lo ha deciso la Corte costituzionale, con sentenza n. 98 del 18 maggio scorso, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 210, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, nella parte in cui non affianca ai medici militari, anche gli psicologi militari, tra i soggetti a cui non sono applicabili “le norme relative alle incompatibilità inerenti l'esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale".
La questione era stata sottoposta alla Corte con un’ordinanza di febbraio 2022 dal Consiglio di Stato che era stato chiamato a redimerla dal Consiglio dell’Ordine degli psicologi del Lazio e, appunto, da alcuni psicologi militari. A questi ultimi il Tar del Lazio aveva rigettato i ricorsi presentati contro il no all’autorizzazione dell’esercizio della libera professione.
“Entriamo finalmente nel ‘rinascimento culturale’ di questa professione per anni ostracizzata dalle nostre amministrazioni!”, così ha commentato la sentenza l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto.
La Corte Costituzionale è quindi intervenuta in modo autorevole su un tema importante. La professione dello psicologo militare è quanto più essenziale per affrontare anche lo stress al quale sono sottoposti i militari a causa delle condizioni di rischio cui sono sottoposti, e non solo i veterani, ma anche i dipendenti civili. Ci riferiamo intanto allo stress delle missioni, anche quelle di lotta alla criminalità, piuttosto che interventi in territori come Bosnia, Kosovo e Iraq, per esempio, caratterizzati dall'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e vaccini contaminati. L'ONA ha dimostrato che è necessario anche un trattamento di sorveglianza sanitaria e chelante, prima della diagnosi.
Ma vi è di più, c'è tutta una problematica dell'uso dell'amianto nella Marina Militare, dagli arsenali alle unità navali (si pensi alla Vittorio Veneto e alle sue condizioni di contaminazione, anche fino ai tempi recenti), e casi di malattie anche tra i familiari dei militari. Infatti, la strage di mesotelioma, tumore del polmone, tumore alla laringe, alla faringe, alle ovaie e al colon, ma anche asbestosi e placche pleuriche, riguarda anche le mogli che hanno lavato le tute e le uniformi dei loro congiunti. Questa situazione riguarda anche l'Esercito Italiano e l'Aeronautica Militare, come recentemente confermato da due importanti sentenze della Corte di Appello di Milano, che hanno accolto le richieste dell'Avv. Ezio Bonanni.
Da qui l’idea dell'Osservatorio Vittime del Dovere di istituire il servizio di assistenza medico legale e di assistenza psicologica vittime del dovere. Il Dott. Pasquale Montilla, oncologo ONA, ritiene fondamentale, oltre al trattamento di disintossicazione, anche l'assistenza psicologica per i nostri veterani. Quindi l'intervento della Corte Costituzionale è quanto mai importante alla luce dei principi di cui agli artt. 4, 32, 35 e 36 Cost., che si applicano anche ai militari, e comunque ai dipendenti del Ministero della Difesa. È un punto importante, quello della tutela della salute del personale delle Forze Armate e del Comparto di Pubblica Sicurezza, e quindi prosegue l'assistenza per le vittime del dovere, ovvero per i nostri militari, e per il personale di pubblica sicurezza.
L’avvocatura dello Stato in sede di discussione ha tentato di difendere la norma in esame, sostenendo anche che “gli psicologi, in ambito militare, esercitano funzioni di assistenza clinica e terapeutica in casi molto limitati, essendo deputati per lo più al reclutamento e alla formazione del personale, ovvero all’attività investigativa”. L’attività clinica, sostengono invece gli interessati, è la principale attività degli psicologi militari.
Per la Consulta poiché entrambi i professionisti, medici e psicologi militari, "erogano prestazioni volte anche alla tutela dell'integrità psichica e, oggi, rientrano nell'unitaria categoria del personale militare abilitato all'esercizio della professione sanitaria, essi vanno equiparati sotto il profilo della facoltà di svolgere la libera professione". Questo a prescindere dall'eventuale diversità di ruoli e di progressione di carriera. “Non emergono ragioni – si legge ancora nella sentenza - che giustificano il riconoscimento della predetta facoltà esclusivamente ai medici militari".
Le due fattispecie, medici e psicologi militari, "rispondono alla medesima ratio derogandi e manca una giustificazione ragionevole e sufficiente a circoscrivere la norma censurata solamente ad una di essa, quella dei medici appunto”. Per questo “deve ritenersi sussistente la violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione”.
La Corte costituzionale restituisce pari dignità allo psicologo militare rispetto al medico. Autorizza quindi a tutti i professionisti del settore di esercitare la libera professione, naturalmente fuori dell’orario di lavoro e seguendo le regole dell’amministrazione. Questo permetterà agli psicologi militare di acquisire nuove esperienze con vantaggi per entrambi gli ambiti, civile e militare.