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| 29 novembre 2022, 07:14

Ventimiglia: storie di migranti al confine, Saleh ci racconta la sua. Partito dalla Siria e arrivato sulla 'rotta balcanica'

“Sono venuto a Ventimiglia, ci ha raccontato, perché sono partito con l’idea di andare verso il Nord Europa. Da quello che mi hanno detto e che ho visto su Internet ci sono paesi con maggiori possibilità di lavoro”

Ventimiglia: storie di migranti al confine, Saleh ci racconta la sua. Partito dalla Siria e arrivato sulla 'rotta balcanica'

Saleh ha 21 anni e si mette in coda a fianco delle transenne, vicino ai tavoli dove le associazioni umanitari dell’estremo ponente provinciale insieme alla Croce Azzurra di Vallecrosia, stanno per distribuire la cena.

Sono le 17.30 quando arriva e, mentre aspetta di poter mangiare lo avviciniamo. “Possiamo parlarti” gli chiediamo timidamente, visto che la nostra presenza è spesso inquadrata come ostile e con il rischio di essere poi ripresi da telecamere e macchine fotografiche. Saleh ci risponde con un discreto inglese e ci dice di sì.

“Vorremmo conoscere la tua storia per poterla raccontare e far capire a chi legge il vostro dramma e la volontà di una vita migliore”. Il giovane che abbiamo avvicinato è siriano e decide di confidarsi: “Cosa volete che vi dica, sapete cosa accade nel paese dove sono nato. La guerra ci ha devastato e io a un certo punto ho detto ai miei genitori di voler tentare una vita migliore. In famiglia siamo in sei, con mio padre, mia madre, due fratelli e due sorelle. Ho sofferto ma, alla fine, ho provato e passando da Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia e Slovenia sono arrivato in Italia”.

Saleh ha seguito la cosiddetta ‘rotta balcanica’ e, una volta arrivato nel nostro paese, non ha avuto dubbi: Sono venuto a Ventimiglia perché sono partito con l’idea di andare verso il Nord Europa. Da quello che mi hanno detto e che ho visto su Internet ci sono i paesi con le maggiori possibilità di lavoro”. Cosa vorresti fare: “Adesso qualsiasi cosa, poi chissà”. Come passi la giornata? “Non è facile e adesso fa anche freddo. Dormo dove posso e al mattino vado alla Caritas per un primo pasto, poi mi arrangio e la sera vengo qui”.

Come pensi di passare il confine? “Mi hanno parlato di tanti modi, visto che non è possibile farlo alle frontiere ufficiali. Non voglio rischiare la vita ma ci proverò, sicuramente”. Ci fermiamo, perché è arrivato il suo turno per mangiare. “Come è la pasta?” gli chiediamo: “Va bene tutto – risponde – ma è buonissima e voglio ringraziare tutti quelli che si danno da fare con noi. Sono persone speciali e noi tutti dobbiamo esser loro grati”.

Salutiamo Saleh e gli auguriamo il meglio. Speriamo che possa soddisfare i suoi sogni, sia per lui che i tanti ragazzi che, ogni sera si mettono in fila per mangiare qualcosa. La speranza è qualche chilometro più a Ovest, dove i francesi mettono il loro veto da 7 anni e che, negli ultimi giorni hanno inasprito ulteriormente i controlli. Ma la speranza vera di Saleh è più a Nord, dove vorrebbe vivere.

Carlo Alessi

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