Ci scrive il Presidente dell’associazione ‘Istanza Diritti Umani’ di Piemonte Liguria e Val d’Aosta, Giusy Pace, che ha affisso il manifesto dietro l’ospedale di Imperia (dopo quello di Sanremo). E correttamente pubblichiamo la sua risposta.
“La vaccinazione è sempre stata un bilanciare il beneficio con il rischio – esordisce Giusy Pace, facendo un excursus sula storia della vaccinazione - a fronte di una immunizzazione permanente, e riservata per lo più a coloro che non sono già immuni all’agente biologico. Cammin facendo anche la vaccinazione obbligatoria contro la tubercolosi, ci ha insegnato che va utilizzata ai soli soggetti cutinegativi, esposti al rischio elevato di contagio e per coloro che non possono mettere in atto una terapia preventiva perché presentano evidenti controindicazioni cliniche all’uso di farmaci specifici. Pensi che, sempre strada facendo, è stato abbandonato anche il vaccino antitubercolare, obbligatorio anche per gli operatori sanitari, perché non dava immunità permanente. Il vaccino con il tempo, seppur obbligatorio, ha dato evidenza che la reattività al test della tubercolina viene persa con il tempo e l’immunizzazione, di durata non nota, invece si perde in un lasso di tempo compreso fra i 10 e i 20 anni. Pensi che la vaccinazione, seppure obbligatoria, è stata pressoché abbandonata proprio a seguito della durata scarsa dell’immunizzazione. Io sono una di quelle, pur lavorando in sanità dal 1985, non sono mai stata vaccinata contro la BCG ma solo sottoposta periodicamente a screening mediante il test di Mantoux. E pensare che con la vaccinazione anti covid-19 l’immunizzazione, di durata non nota, sta dimostrando che in poco più di cinque mesi si perde e di fatto, considerato che ci si positivizza anche la dopo la vaccinazione, non ci garantisce con certezza di non ammalarci, rischio personale, e soprattutto di non trasmettere il virus agli altri, rischio per la sanità pubblica, che è lo scopo prevalente sostenuto da chi pone in subordine all’interesse della collettività, il diritto fondamentale dell'individuo alla salute”.
E poi si scaglia contro l’Amministrazione di Imperia: “Per la regola della par condicio il municipio si è affrettato, con i soldi dei contribuenti, a predisporre immediatamente un manifesto pro vax. È questa la vera provocazione. Mica quella del mostro manifesto di fronte all'ospedale di Imperia. Facile etichettare: ricchi e poveri, belli e brutti, e perché no?, malati e sani. Di questi tempi, a quanto pare, occorre scegliere se stare a destra o a sinistra. Anzi, fra la maggioranza o la minoranza. È evidente che la gente è poco seria, quando parla di sinistra (no-vax) o di destra (pro-vax). Mi chiedo se i contribuenti imperiesi siano contenti, tutti, dell’iniziativa promossa dal Comune per ‘comprimere’ il pensiero critico e omologarlo al comune sentire del tam tam televisivo. Addirittura, hanno scomodato dal lavoro un primario di un reparto Covid del locale ospedale per stigmatizzare il pensiero liberamente manifestato da noi”.
La stessa Giusy Pace si scaglia contro la sanità pubblica: “Amarezza, dal punto di vista umano e professionale, è il sentimento che la gente ha provato, e quanto amaramente ha subito, a seguito della poca professionalità di chi avrebbe dovuto curarla tempestivamente, mentre, invece, veniva lasciata in balia della vigile attesa e della tachipirina. Conosciamo molto bene il contesto che ha descritto il direttore De Michelis. Siamo anche noi operatori sanitari. E siamo stati impegnati in prima linea, quando tutti stavano fra le mura domestiche a pregarci perché eravamo angeli coraggiosi. Soli contro tutti, e soprattutto, soli in balia del virus che abbiamo imparato a conoscere e a curare. Eh, sì! Perché a curare noi abbiamo iniziato immediatamente dopo i primi giorni di sbandamento pandemico. Non ci siamo lasciati sopraffare dai chili di carta che producevano le diverse Unità di crisi disseminate per le regioni italiane, che senza vedere un malato pontificavano su come dovevamo agire arrivando anche a scrivere sulla carta di formaggio la riprocessazione dei caschi CPAP monouso, o le mascherine chirurgiche che dovevamo usare e per quanti giorni pure, così da evitare lo sprecare, dicevano. Ci siamo occupati della gente. Siamo stati al loro fianco. Abbiamo ascoltato il loro dolore. Abbiamo mitigato la loro solitudine. Eravamo la loro famiglia. Noi c'eravamo per davvero e non ci nascondevamo dietro una scrivania e manco dietro un carrello come hanno fatto in tanti. E la pandemia l'abbiamo portata sulle nostre spalle. E non abbiamo mai smesso di curare e di prenderci cura di noi e degli altri. Abbiamo curato la persona e contribuito all’interesse del Paese. Non abbiamo creduto al solo miracolo del vaccino, ci siamo adoperati per mettere in campo tutte le azioni necessarie ad affrontare gli effetti del virus sulla salute delle persone. Abbiamo visto orrori organizzativi e morti ingiuste. Abbiamo visto persone arrivare in ospedale tardi, troppo tardi, perché per giorni erano stati lasciati a casa in pieno abbandono dai loro medici curanti. E troppo presto li abbiamo visti lasciare la vita terrena per quella celeste. Abbiamo visto sperimentare, improvvisare, scappare, sbagliare. Abbiamo visto la morte, tanta! la speranza, poca! Ed è per quello che abbiamo visto che abbiamo preso a lottare. Ed è per quello che abbiamo visto che abbiamo iniziato ad informare. Perché non vogliamo avere sulle spalle altro peso per le morti ingiuste che sappiamo poter evitare. E se con la nostra informazione, con i manifesti che realizziamo grazie alla generosità dei cittadini liguri, riusciamo a salvare uno, dieci, cento bambini; uno, dieci, cento ragazzi; uno, dieci cento giovani adulti; uno, dieci cento giovani vecchi, noi saremo felici e contenti, perché lo scopo del nostro Statuto è la promozione della salute e la tutela dei diritti umani di tutti gli operatori sanitari e di tutte le persone coinvolte nella pandemia covid-19 dal 22 febbraio 2020. E se non siamo operatori sanitari scrupolosi noi, dubito che lo possano essere gli altri”.
“Ci fanno male le provocazioni – prosegue Giusy Pace - così come ci sembra fuori luogo e inopportuno investire risorse pubbliche su una vaccinazione sperimentale di massa che non ha ancora evidenza di efficacia. Il 95% di efficacia paventato dallo studio che non ha neanche verificato l’immunizzazione, basta leggere il documento dell’EMA dove dice ‘non nota’, ci sembra eccessivo se limitato alla osservazione di un possibile sviluppo della malattia nella coorte oggetto di studio. Nel 95% dei casi lo stesso coronavirus determina una forma asintomatica (Sano!) o paucisintomatica. E va ricordato che è una malattia a elevata contagiosità ma a bassa mortalità. A differenza dei virus influenzali la cui mortalità è decisamente più elevata. E il dato reale della mortalità da infezione covid-19 sarebbe stato sicuramente inferiore se le persone fossero state curate tempestivamente ed efficacemente. E ci saremmo risparmiati anche le morti a seguito delle cure fai da te. È questo il vero schiaffo ai sanitari impegnati nella lotta al Covid. Senza parlare di una obbligatorietà al vaccino per gli esercenti le professioni sanitarie, a fronte di una pretesa al consenso informato per liberare il Governo dalle responsabilità e dalle richieste di indennizzo dei danni cagionati a seguito della imposizione”.
“La gente deve conoscere e deve poter avere accesso a informazioni complete – termina Giusy Pace - affinché abbia la possibilità di scegliere o meno di sottoporsi ad una vaccinazione in corso di sperimentazione, con un farmaco raccomandato con una autorizzazione condizionata all'immissione in commercio e soggetto per tale motivo a monitoraggio addizionale. Bisogna conoscere per parlare. Consigliamo la lettura del Rapporto ISS Covid-q19 n. 3/2021 magari si farà un’idea più puntuale degli studi di fase 4 che si stanno conducendo sulla popolazione mondiale. E di che cosa rappresentano gli effetti collaterali più gravi e della loro incidenza in una sperimentazione che prevede l'inclusione di grandi numeri di partecipanti in un contesto in cui la farmacovigilanza passiva si è dimostrata da sempre fallimentare”.