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| 09 ottobre 2017, 13:25

Imperia: si è aperto questa mattina il processo per la morte di Matteo Maragliotti. In aula il racconto dei genitori sugli ultimi giorni di vita del figlio

In aula, davanti al giudice Massimiliano Botti i genitori di Matteo, Franco Maragliotti e Sabrina Bonfadelli, che, interrogati dal Pubblico Ministero Francesca Sussarello, dagli avvocati di parte civile e dal legale della difesa Bruno Di Giovanni - affiancato dal collega Angelo Monge - , hanno ricostruito gli ultimi giorni di vita del loro figlio, un ballerino di hip hop

Imperia: si è aperto questa mattina il processo per la morte di Matteo Maragliotti. In aula il racconto dei genitori sugli ultimi giorni di vita del figlio

A quasi cinque anni dalla morte, è approdato questa mattina in tribunale il processo che mira a far luce sulla morte di Matteo Maragliotti, il ragazzino di Pontedassio morto nel gennaio 2013 per un ascesso cerebrale da sinusite. Unica imputata è il medico di famiglia, la dottoressa Roberta Thomatis.

In aula, davanti al giudice Massimiliano Botti i genitori di Matteo, Franco Maragliotti e Sabrina Bonfadelli, che, interrogati dal Pubblico Ministero Francesca Sussarello, dagli avvocati di parte civile e dal legale della difesa Bruno Di Giovanni - affiancato dal collega Angelo Monge - , hanno ricostruito gli ultimi giorni di vita del loro figlio, un ballerino di hip hop.

Era forte la passione per la danza e poco dopo il comparire dei primi sintomi, Matteo si era recato a Riccione, dove annualmente si tiene una gara di ballo.

“Poco prima, il 6 dicembre 2012 – racconta Franco in aula – mia moglie aveva chiesto alla dottoressa Thomatis un certificato medico, in quanto Matteo doveva sostenere la gara di ballo a Riccione. Inoltre, Sabrina aveva riferito che nostro figlio accusava stanchezza e aveva una forte alitosi. La dottoressa, dopo averlo visitato ha stabilito che fosse in buone condizioni e gli ha rilasciato il certificato medico”.

Così Matteo si è recato a Riccione, ma da lì ha telefonato alla madre lamentando un forte mal di testa. Sabrina gli ha così consigliato di prendere un medicinale, un Oki.

“Quando è tornato da Riccione – continua Franco nel suo racconto – lo ha portato di nuovo dalla dottoressa che, dopo averlo visitato gli ha diagnosticato una forte sinusite e prescritto alcune medicine, tra cui un antibiotico”.

Matteo però non migliorava. Continuava ad avere mal di testa e nel frattempo era salita la febbre. Pochi giorni dopo la dottoressa decide di cambiare antibiotico, ma a parte un leggero abbassamento della temperatura corporea, non vi erano altri miglioramenti.

“La dottoressa mi consiglia di far vedere Matteo al pronto soccorso perché sospettava una polmonite silente. Matteo è stato visitato immediatamente dal dottor Fichera, perché la dottoressa gli aveva annunciato il nostro arrivo”, continua Franco che riferisce in aula di aver descritto i sintomi al medico e di aver chiesto anche una tac alla testa che il medico si sarebbe rifiutato di fare. “Ha detto che avrebbe potuto far male a Matteo e che oltretutto sarebbe stata inutile”.

Terminata la visita, la diagnosi era una sospetta mononucleosi. Il medico sospende l’antibiotico e prescrive a Matteo gli esami del sangue. “Ricordo che mi dissero che ci volevano alcuni giorni per i risultati, così chiamai la dottoressa, che conoscevo da anni e con cui ci davamo del tu. Il giorno dopo lei mi mandò un sms comunicandomi l’esito positivo dell’esame, confermando di eliminare l’antibiotico e prescrivendo solo riposo”.

Passano alcuni giorni e Franco e Sabrina si accorgono di un nuovo sintomo. “Ricordo di essere tornato a casa dal lavoro. Sabrina mi aveva avvisato di un problema all’occhio di Matteo e quando lo vedo mi rendo conto che aveva l’occhio sinistro molto sporgente. Faceva impressione, aveva il bulbo rivolto verso il basso”.

Preso dal panico Franco telefona di nuovo alla dottoressa annunciandole che avrebbe portato il figlio al Gaslini di Genova.

“Lei mi rispose ‘Sei pazzo? Con questo freddo’. Così mi fidai del parere del mio medico e lasciai Matteo riposare. Il giorno dopo, il 18 gennaio l’occhio era più sgonfio e così telefonai alla dottoressa per comunicarglielo, sollevato”.

Come è emerso nel corso degli esami dei due testi, dopo le prime visite e il ricovero al pronto soccorso, Matteo è stato seguito unicamente al telefono dalla dottoressa. Franco e Sabrina hanno riferito di essersi fidati del loro medico, anche se lo stesso padre ha ammesso che più volte, non solo in occasione dell’occhio gonfio, ha auspicato di portare il figlio in ospedale.

Il dramma si è consumato il giorno seguente, il 19 gennaio 2013.

“E’ crollato davanti ai miei occhi. Si era alzato per andare in bagno e all’improvviso ha perso i sensi ed è caduto”. Disperato, Franco ha portato Matteo in ospedale e ha avvisato la moglie che si trovava a lavoro. Arrivato in ospedale, i medici hanno subito compreso la gravità della situazione e hanno trasferito Matteo in ambulanza presso il reparto antiinfettivi di Sanremo.

“Voglio sottolineare che nessuno mi ha detto che mio figlio stava rischiando la vita”, ha raccontato Franco.

Passa la notte e il giorno dopo, quando due inservienti dell’ospedale hanno pulito Matteo a letto, questi ha perso definitivamente i sensi entrando in coma. “La dottoressa se ne è accorta perché mi ha visto sbracciarmi dalle telecamere di sorveglianza. A quel punto Matteo se ne era praticamente andato, mentre i medici mi dicevano che solo un miracolo lo avrebbe mantenuto in vita”.

Il giovane, secondo quanto riferito dai medici ai due genitori, era rimasto troppo tempo senza ossigeno. Gli organi interni erano così rimasti irrimediabilmente compromessi.

Il racconto è stato replicato da Sabrina Bonfadelli, che ha confermato quanto riferito in aula dal marito poco prima.

nel corso dell’udienza si è fatto riferimento anche a un’offerta risarcitoria presentata dall’Asl1 Imperiese, che ha riconosciuto un 20% di colpa, proponendo un risarcimento di 165 mila euro.

“Mi hanno detto che sull’80% di possibilità che Matteo rimanesse in vita, loro si sarebbero accollati il 20% di responsabilità, mentre il rimanente 60% di responsabilità sarebbe stato da ritenersi del medico curante”, ha spiegato Franco che, insieme alla moglie, ha rifiutato l’offerta dell’Asl.

Il fascicolo sulla morte del figlio non era stato aperto d’ufficio dalla Procura, ma c’è voluta una perizia affidata al medico legale Enzo Profumo, che aveva individuato responsabilità sia per quanto riguarda il medico curante, sia per quanto riguarda i medici del pronto soccorso e del reparto dell'ospedale di Imperia in cui il giovane era stato ricoverato. La procura aveva poi affidato una perizia a un altro medico legale, Gabriele Rocca che aveva accertato le presunte responsabilità della dottoressa Thomatis.

Il giudice Massimiliano Botti ha rinviato l’udienza al prossimo 27 novembre, durante la quale verranno sentiti nuovi testimoni.

Francesco Li Noce

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